lunedì 16 maggio 2016

Il nuovo presidente delle Filippine vuole reintrodurre la pena di morte

Il comizio di chiusura della campagna elettorale di Rodrigo Duterte a Manila, nelle Filippine, il 7 maggio 2016. (Lam Yik Fei, Getty Images)

Afp, Francia

Rodrigo Duterte, il sindaco della grande città meridionale di Davao eletto presidente delle Filippine con un programma molto duro contro la criminalità, si è impegnato a ripristinare la pena di morte e ad autorizzare la polizia a “sparare per uccidere”.

Nel corso della sua prima conferenza stampa dopo la sua elezione, il 9 maggio, Duterte, 71 anni e avvocato, accusato dalla presidente uscente Benigno Aquino di essere un potenziale dittatore, ha voluto spiegare in dettaglio il suo programma contro la criminalità.

“Colpirò duramente il traffico di droga e prometto l’inferno ai criminali”, ha detto in un hotel di Davao dopo essersi impegnato, durante la sua campagna elettorale, di risolvere entro sei mesi il problema della criminalità.

“Chiederò al congresso di ripristinare la pena di morte per impiccagione”, ha aggiunto, appoggiando l’uso della pena capitale – abolita nel 2006 – per i reati di traffico di droga, stupro, omicidio e furto. Come metodo preferirebbe l’impiccagione al plotone di esecuzione, spiegando di non voler sprecare proiettili e che il patibolo è più umano.

Rodrigo Duterte ha annunciato di voler dare alla polizia il diritto di “sparare per uccidere” nelle operazioni contro il crimine organizzato. “Se qualcuno oppone resistenza, il mio ordine è di sparare per uccidere”, ha detto. Per questo saranno mobilitati anche dei militari tiratori scelti.

Duterte ha inoltre annunciato la sua intenzione di imporre il divieto di consumare alcol in luoghi pubblici dopo le due di notte e il divieto per i bambini di uscire da soli la sera. Se saranno trovati per strada, i loro genitori saranno arrestati per “abbandono”.

Durante la sua campagna Duterte, che s’insedierà il 30 giugno per un periodo di sei anni, aveva promesso di eliminare decine di migliaia di criminali (”moriranno centomila persone e i loro corpi ingrasseranno i pesci nella baia di Manila”), suscitando l’indignazione dei suoi avversari, ma anche conquistando decine di milioni filippini stanchi di crimini e corruzione.

Rodrigo Duterte ha anche detto che ritiene “sufficiente” aver presentato delle scuse scritte al papa per averlo chiamato “figlio di puttana”, aggiungendo che non andrà in Vaticano come annunciato.

Duterte è stato accusato di aver creato degli squadroni della morte quando era sindaco di Davao che ora, secondo lui, è uno dei più sicuri in tutto l’arcipelago.

(Traduzione di Stefania Mascetti)

Fonte: Internazionale

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