mercoledì 9 marzo 2016

Slovenia, Serbia e Croazia hanno chiuso le frontiere ai migranti

Le Nazioni Unite intanto hanno espresso preoccupazione per l'accordo tra Ue e Ankara definendolo contrario alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo

Migranti al confine tra Grecia e Macedonia. Credit: Reuters

Slovenia, Serbia e Croazia hanno chiuso definitivamente i loro confini a partire dalla mezzanotte del 9 marzo. La decisione arriva a poche ore dal vertice tra Unione europea e Turchia sulla crisi dei migranti.

La Slovenia ha fatto sapere di permettere l’ingresso solo ai migranti che vorranno fare domanda di asilo nel paese. Finora solo 460 migranti, a fronte dei 478mila che hanno attraversato i confini sloveni dall’ottobre del 2015, hanno effettivamente fatto richiesta di asilo.

La Serbia, che non è un paese membro Ue, di conseguenza alla decisione della Slovenia, ha fatto sapere di voler fare altrettanto per non doversi ritrovare nella situazione di diventare un “centro collettivo per migranti”, secondo quanto ha affermato il ministro degli Interni.

Il ministro degli Interni della Croazia, che è un paese membro Ue ma non è nell’area Schengen, ha confermato che anche il suo paese ha chiuso le frontiere alla mezzanotte del 9 marzo a tutti i migranti non provvisti di documenti.

Intanto l’Ungheria ha schierato l’esercito alle frontiere dopo che Serbia, Slovenia e Croazia hanno deciso di restringere l’accesso ai migranti. Anche la Macedonia ha chiuso completamente i suoi confini. Secondo quanto ha annunciato il ministro degli Interni macedone, nessun migrante entrerà nel paese dalla Grecia.

Le Nazioni Unite avevano espresso preoccupazione per l'accordo tra Ue e Ankara che prevede di riportare in Turchia i migranti che si trovano sulla rotta balcanica, definendolo contrario alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

---LEGGI ANCHE: Quattro infografiche per spiegare la crisi dei migranti in Europa

L'accordo tra Unione Europea e Turchia sulla crisi dei migranti


I paesi della rotta balcanica. Credit: Bbc


Fonte: The Post Internazionale

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