giovedì 31 marzo 2016

È crollato un cavalcavia a Calcutta, in India

Almeno 18 persone sono morte, ma altre decine sono ancora tra le macerie

(AP Photo/Bikas Das)

Il cavalcavia si trovava in un distretto commerciale di Calcutta – che è nel Bengala occidentale, nell’est dell’India – e ha più di cinque milioni di abitanti. Era ancora in costruzione ed è crollato su una strada trafficata vicino alla stazione di Girish Park, in uno dei quartieri a più alta densità di popolazione della città. Il crollo è avvenuto in pieno giorno (Calcutta è tre ore e mezza avanti rispetto all’ora italiana). Ci sono almeno 18 morti, 70 feriti che sarebbero già stati portati nei vicini ospedali e decine di persone ancora sotto le macerie.


Il Guardian scrive però che un poliziotto intervenuto sul luogo ha detto che “al momento non c’è modo di sapere quante persone sono tra i detriti”: potrebbero anche essere molte di più. Derek O’Brien, portavoce del governo di centro-sinistra della regione del Bengala occidentale, ha parlato di una “tragedia enorme”. Dato che il cavalcavia si trovava in mezzo a molti altri edifici è difficile raggiungere l’area con mezzi che possano rimuovere le macerie e, per ora, lo si sta facendo soprattutto a mano.


Il cavalcavia era lungo due chilometri ed era in costruzione dal 2009 e sempre secondo Reuters c’erano stati ritardi e continui spostamenti delle scadenze entro le quali i lavori avrebbero dovuto essere completati. Il contratto per la costruzione del cavalcavia fu firmato nel 2008 e ci si aspettava che i lavori sarebbero finiti entro il 2010. Mamta Banerjee, la donna che dal 2011 è primo ministro del Bengala occidentale, ha accusato i precedenti governanti di sinistra di non aver rispettato le norme per la costruzione del cavalcavia. Tra poche settimane in Bengala occidentale si terranno delle nuove elezioni.

Fonte: Il Post

La morte di Zaha Hadid

Aveva 65 anni, era una dei più importanti e famosi architetti del mondo, la prima donna a vincere il Pritzker Prize

(AP Photo/Kevork Djansezian)

Zaha Hadid, una dei più noti e illustri architetti contemporanei è morta oggi dopo aver un infarto in un ospedale di Miami, dov’era ricoverata per una bronchite. Hadid aveva 65 anni ed era nata a Baghdad, in Iraq, prima di andare a studiare a Beirut e trasferirsi a Londra, dove viveva da molti anni avendo preso la nazionalità britannica. Ma girava molto il mondo seguendo i numerosissimi progetti del suo studio, che l’avevano messa nel gruppo delle “archistar” mondiali già da quasi trent’anni. Tra gli altri, uno dei tre grattacieli della nuova zona Fiera di Milano, quello in costruzione in questi mesi. Hadid era stata la prima donna a vincere il premio Pritzker, il più importante riconoscimento internazionale nel campo dell’architettura, ed è anche la prima donna a ricevere la medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects.

Fonte: Il Post

Il governo di unità nazionale libico è arrivato a Tripoli

Il primo ministro libico, Fayez al Sarraj, a Tunisi il 22 marzo. (Fethi Belaid, Afp)

Il premier libico Fayez al Sarraj e sette ministri del governo di unità nazionale sono arrivati a Tripoli a bordo di una nave militare. Hanno stabilito la loro sede temporanea in una base navale. L’esecutivo di Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale, nei giorni scorsi aveva avvertito Al Sarraj di non entrare in città. 

Al Sarraj è sostenuto dalle Nazioni Unite, ma non ha ricevuto la fiducia dei due parlamenti di Tripoli e Tobruk.

Le forze che appoggiano il governo di unità nazionale hanno detto di aver negoziato un piano di sicurezza per l’arrivo del premier e dei ministri, tuttavia le preoccupazioni per la loro incolumità sono molto forti. Al Sarraj aveva provato nei giorni scorsi a raggiungere Tripoli, ma il blocco dello spazio aereo lo ha obbligato ad arrivare via mare.

Cos’è il governo di unità nazionale libico. Dopo lunghi negoziati che si sono svolti in Marocco sotto l’egida delle Nazioni Unite, a dicembre è stata annunciata la formazione di un governo di unità nazionale che avrebbe dovuto superare le divisioni politiche del paese, che ha due governi e due parlamenti: uno a Tobruk, riconosciuto dall’Onu, e uno a Tripoli. La nomina del governo di unità nazionale avrebbe contribuito ad affrontare la crescente minaccia del gruppo Stato islamico (Is) e di altri gruppi armati presenti nel paese. Ma l’esecutivo di Al Sarraj è stato fin dall’inizio contestato da entrambe le parti. Nemmeno il generale Khalifa Haftar, il comandante delle forze armate legate al parlamento di Tobruk, ha riconosciuto la legittimità del governo di unità nazionale.

La Libia ancora divisa. Dal 2011 la Libia è divisa da una guerra tra le diverse fazioni. A Tobruk, nell’est del paese, si riunisce il parlamento formato dai rappresentanti che hanno vinto le elezioni nel 2014. A Tripoli, invece, si riunisce ancora il precedente parlamento, in cui c’è una forte presenza dei Fratelli musulmani e che è appoggiato dai miliziani islamici della coalizione Alba libica.

Sia il governo di Tripoli sia quello di Tobruk hanno provato a bombardare le posizioni dello Stato islamico a Sirte, a Derna e a Bengasi. Il generale Khalifa Haftar ha chiesto ripetutamente l’intervento della comunità internazionale contro i jihadisti in Libia. Ma le potenze straniere aspettano che a Tripoli si insedi il governo di Fayez al Sarraj, condizione preliminare posta dall’Onu per autorizzare un intervento armato nel paese.


Fonte: Internazionale

mercoledì 30 marzo 2016

La tecnologia ci rende più felici?


Di Marco Cedolin

Sono le 7,30 del mattino, Luciano si sveglia al suono del suo smartphone, si alza va in bagno a lavarsi e poi si siede a fare colazione. Mentre sorseggia il caffè, senza degnare sua sorella di uno sguardo, apre il social network, commenta i post di una mezza dozzina di "amici", guarda un paio di video e scrive un breve messaggio, augurando a tutti una buona giornata ed informandoli che lì c'è il sole e fa caldo. Si veste e scende nel box a prendere l'auto. Il termometro sul cruscotto segna 23 gradi, il computer di bordo lo informa sui consumi di benzina, il navigatore con voce suadente lo ragguaglia riguardo al percorso da seguire....
Mentre attraversa il telepass telefona Cristina, ma per rispondere non deve neppure togliere le mani dal volante grazie all'auricolare bluethoot, si accorda per un apericena in centro alle 18,30, cercando disperatamente di ricordare se l'appuntamento per il torneo di calcio online sia per le 22,30 o le 23, poco importa dopo manderà un messaggio a Max per domandarglielo.

La mattinata in ufficio scorre veloce, ogni tanto pubblica un post o un selfie sul social network, qualche battuta e qualche video che spezzi la monotonia. Verso mezzogiorno telefona al suo frigorifero, per sapere cosa deve acquistare il pomeriggio all'ipermercato, poi va al baretto con i colleghi a mangiare un piattino. La conversazione è scarsa, ognuno é immerso nel suo smartphone, impegnato a leggere o pubblicare sul social network, e quando si discorre lo si fa parlando di quel filmato o quella battuta che si sono appena visti, magari mentre si scatta una foto del piatto che ci si accinge a mangiare per condividerla online con gli "amici". Poi si paga, sempre con lo smartphone e c'è appena il tempo per un paio di telefonate e qualche messaggio prima di riprendere il lavoro. Max ha scritto che il torneo é alle 23, quindi per l'apericena c'é tempo.

Con Cristina passa un paio d'ore piacevoli, durante le quali fra il bip di una notifica e l'altra riescono a farsi qualche confidenza. Lei gli piace, ma è molto meno intrigante di alcune "amiche" che frequenta sul social network, forse un giorno potranno avere una storia o forse no. Mentre torna a casa va a fare la spesa, paga alla cassa automatica, poi ascolta le notizie facendosele leggere dallo smartphone e telefona al forno per accenderlo ed iniziare a riscaldarlo. Dopo cena si cimenta nel torneo di calcio online e poi, mentre lo smartphone è in carica, passa un paio d'ore nel social network con il televisore, prima di coricarsi, dopo avere impostato la sveglia sullo smartphone ed urlato alla luce "Spegni".

Il "Luciano" di qualche decennio fa, sicuramente si sarebbe alzato dopo il trillo della sveglia, avrebbe fatto colazione chiacchierando del più e del meno con sua sorella, si sarebbe scritto su un bigliettino la lista della spesa, avrebbe tirato fuori le monetine per pagare al casello e avrebbe ricordato la strada senza l'ausilio del navigatore. In ufficio fra un'incombenza e l'altra avrebbe trovato il tempo per qualche chiacchiera con i colleghi, al baretto avrebbe riso e scherzato in compagnia, avrebbe tirato fuori il portafoglio per pagare e prima di rientrare al lavoro si sarebbe recato in una cabina per telefonare a Max e Cristina. Al supermercato avrebbe pagato mentre faceva una battuta alla cassiera e una volta rientrato a casa avrebbe dovuto accendere il forno, approfittando di quel quarto d'ora di tempo per preparare la tenuta per andare a giocare a calcetto con Max. Dopo il calcetto avrebbero passato un paio d'ore in birreria con gli amici e prima di coricarsi avrebbe dovuto ricaricare la sveglia e spegnere la luce.

Verrebbe spontaneo domandarsi se sia in fondo più felice il Luciano di oggi o quello di trent'anni fa, ma la domanda partirebbe da un presupposto sbagliato. La tecnologia è un qualcosa di neutro che non rende migliori o peggiori, a prescindere da quanto se ne faccia uso. La qualità dei nostri rapporti con gli altri e lo spessore delle nostre conversazioni dipendono unicamente da noi, non dal mezzo tecnologico attraverso il quale eventualmente sono veicolati. Un bel rapporto di amicizia può avere la stessa valenza sia che si cementi intorno al tavolino di un bar, sia qualora venga portato avanti con l'ausilio di un social network, così come una conversazione di spessore può avvenire guardandosi negli occhi, ma anche scrivendo in una chat. Alla stessa stregua i discorsi sciocchi, le battute stupide, gli atteggiamenti volgari e via discorrendo, continuano a rimanere tali a prescindere dal fatto che ci sia o meno uno strumento tecnologico a mediarli.

La tecnologia è solo un mezzo, che possiamo usare più o meno smodatamente, ma non potrà mai farsi carico di responsabilità che sono unicamente nostre e in quanto tali ci appartengono, senza che si possa scaricarle sulle spalle di uno smartphone.

Fonte: IL CORROSIVO di marco cedolin

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La morte di Gianmaria Testa

Era un cantautore molto amato in Italia e in Francia: aveva 57 anni e un cancro di cui lui stesso aveva parlato l'anno scorso


Il cantautore Gianmaria Testa è morto oggi per le conseguenze di un tumore di cui lui stesso aveva parlato pubblicamente l’anno scorso. Testa aveva 57 anni ed era nato a Cavallermaggiore in provincia di Cuneo, nel 1958. Oltre che in Italia è molto popolare anche in Francia, dove era anzi diventato famoso ancor prima che in Italia. Il Corriere della Sera l’ha definito un “cantautore letterario” e, tra le altre cose, Testa era apprezzato per l’essenzialità dei suoi testi: «Amo scarnificare il mio linguaggio, in quest’epoca di ridondanze», disse.

Testa era nato in una famiglia di agricoltori e studiò musica da autodidatta, iniziando a suonare la chitarra. Il suo primo lavoro non ebbe però a che fare con la musica: diventò infatti ferroviere e poi capostazione a Cuneo (una professione che per alcuni anni mantenne insieme a quella di musicista). Nel frattempo continuò a suonare, prima in un gruppo e poi da solista. Negli anni Novanta vinse per due volte il Festival musicale di Recanati, dedicato ai cantautori emergenti, e nel 1995 uscì in Francia Montgolfières, il suo primo disco. Un anno dopo pubblicò, sempre in Francia, il suo secondo disco: Extra-Muros. Sempre in quegli anni si esibì per la prima volta all’Olympia, il famoso teatro di Parigi.

Nell’ottobre del 2000 uscì Il valzer di un giorno, il primo disco di Testa interamente realizzato e prodotto in Italia. Come spiega Repubblica “nel 2006 Testa aveva dedicato un intero album – Da questa parte del mare – ai migranti di ieri e di oggi”. Negli ultimi anni Testa aveva fatto anche teatro (18 mila giorni — il pitone) e nel 2012 aveva pubblicato Ninna Nanna dei sogni, il suo primo libro edito da Gallucci editore. L’ultimo disco di Testa è Men at work, registrato dal vivo durante alcuni suoi concerti. Nella sua carriera Testa ha cantato in più di tremila concerti: in Europa ma anche nel resto del mondo, per esempio in Canada e negli Stati Uniti.



Testa aveva parlato del suo tumore con Michele Serra in un’intervista pubblicata da Repubblica nel maggio 2015:


Per mesi non ho detto niente perché avevo paura di rompere le scatole alla gente. Ho pudore a parlare di me. Non avevo mai messo in preventivo di diventare famoso. A parte suonare e cantare, non ho mai fatto niente per diventarlo. Ma devo prenderne atto: sono un personaggio pubblico. In molti si chiedono dove sono finito, perché non faccio più concerti. Su internet corrono le voci, si sa come è internet, dicono che sono morto, che ho avuto un ictus, che sono nascosto in una casa di cura. Sono anche affettuosi, capisco che mi cercano, che vogliono sapere di me. E alla fine mi sono reso conto che è meglio raccontare, è meglio spiegare. Ho un tumore, l’ho scoperto ai primi di gennaio. Non è operabile. Ho fatto cinque cicli di chemioterapia, il tumore si è molto ridotto. Ma i medici mi hanno detto che nei prossimi mesi devo annullare ogni altro impegno che non sia curarmi. Avere cura di me. Ed è quello che sto facendo.

Dopo alcuni anni di assenza Testa era tornato a cantare nel 2015, già negli ultimi mesi aveva però dovuto annullare i suoi concerti a causa della malattia.



Fonte: Il Post

Chi è che non deve pagare il canone RAI

Quelli che non hanno un televisore, per cominciare: ma devono farlo sapere all'Agenzia delle Entrate entro il 30 aprile


Da una settima sono online sul sito dell’Agenzia delle Entrate i moduli per chiedere l’esenzione dal canone RAI. Da quest’anno, infatti, il canone RAI si pagherà nella bolletta della luce elettrica, nella quale i gestori della rete aggiungeranno automaticamente una quota supplementare: in totale cento euro l’anno. La norma che introduce il nuovo canone si basa sulla presunzione che chiunque abbia intestata un’utenza elettrica nel luogo in cui ha la residenza abbia anche un televisore o un altro apparecchio con cui ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare della RAI. Nonostante questo cambiamento, restano comunque diverse categorie che non sono tenute a pagare il canone.

Chi non deve pagare il canone?
Per cominciare il canone si paga una volta sola, indipendentemente dal numero di apparecchi. Bisogna pagarlo, inoltre, soltanto per l’apparecchio presente nell’abitazione in cui si ha la residenza. Chi possiede due case, quindi, ognuna con un televisore, dovrà pagare il canone soltanto nell’abitazione in cui ha la residenza. Attenzione: una coppia che per motivi fiscali ha messo la residenza in due abitazioni diverse dovrà pagare il canone per entrambe le utenze.

È esentato dal pagamento del canone chi ha compiuto 75 anni, non convive con altri soggetti diversi dal coniuge titolari di reddito proprio e possiede un reddito non superiore a 516,46 euro per tredici mensilità (cioè 6.713,98 euro annui). La legge prevede che il limite venga alzato a 8.000 euro, ma il finanziamento di questo ulteriore sgravio deriverà dai guadagni ottenuti dalla lotta all’evasione del canone e quindi non sarà operativo da subito.

Infine, può chiedere di essere esentato dal canone chi non possiede un televisore. In questa categoria rientra anche chi possiede solo un computer privo di sintonizzatore TV. Se cioè si ha un computer che consente l’ascolto o la visione dei programmi radiotelevisivi via internet e non attraverso la ricezione del segnale digitale terrestre o satellitare, non si deve pagare il canone.

Come si fa?
Per ottenere l’esenzione bisogna scaricare il modulo dal sito dell’Agenzia delle Entrate. Una volta compilato va spedito tramite raccomandata entro il 30 aprile oppure per via telematica entro il 10 maggio. Attenzione: l’esenzione deve essere rinnovata ogni anno, altrimenti l’Agenzia delle Entrate darà per assodato che è stato acquistato un apparecchio televisivo e tornerà a far pagare il canone nella bolletta elettrica. Il modulo deve anche essere utilizzato per segnalare, ad esempio, se due persone che fanno parte dello stesso nucleo familiare hanno intestate due utenze elettriche differenti, così da evitare il rischio di pagare il canone due volte.

Fonte: Il Post

La famiglia di Giulio Regeni chiede il rientro dell'ambasciatore in Egitto

Lo ha dichiarato durante una conferenza stampa tenutasi al Senato


Il 29 marzo del 2016 i genitori di Giulio Regeni, lo studente italiano scomparso e trovato morto al Cairo lo scorso gennaio, durante una conferenza stampa tenutasi presso il Senato italiano, hanno chiesto al governo una risposta forte, che se necessario consista nel richiamare l'ambasciatore italiano in Egitto, qualora gli investigatori non dovessero portare notizie veritiere su quanto accaduto a loro figlio.

"Abbiamo una foto che mostra le torture su di lui" ha dichiarato Paola Regeni, madre dello studente, che ha aggiunto che spera di non essere costretta a mostrarla per richiamare l'attenzione sulla vicenda.

Nell'ambito della conferenza stampa è intervenuto anche Luigi Manconi, esponente del Partito Democratico e presidente della commissione parlamentare diritti umani, che ha chiesto al ministero degli Esteri di inserire l'Egitto tra i paesi non sicuri, in base a quello "che è successo a Giulio Regeni e a numerose altre persone".

Secondo Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, il governo egiziano finora avrebbe messo in atto più di un depistaggio nei confronti delle indagini in corso.

Fonte: The Post Internazionale

martedì 29 marzo 2016

Giulio Regeni, i genitori al Senato: «Lottiamo per i suoi valori»

Giulio Regeni

Ressa di giornalisti per la conferenza stampa al Senato, nella sala Nassiriya, di Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio Regeni, il giovane ricercatore ucciso al Cairo in circostanze che l’Egitto non ha ancora chiarito.

GIULIO REGENI, GENITORI AL SENATO: «LOTTIAMO PER I VALORI DI NOSTRO FIGLIO» 

«Ringraziamo tutti per l’abbraccio affettuoso sentito da tutta l’Italia. Siamo qui perché vorremmo continuare insieme a lottare per portare avanti i valori di Giulio. I suoi ideali», ha affermato Claudio Regeni in conferenza stampa.

GIULIO REGENI, GENITORI AL SENATO: «NOSTRO FIGLIO ERA UN RAGAZZO DEL FUTURO»

«Quello che è successo a Giulio non è un caso isolato», è stata invece una delle affermazioni della madre di Giulio Regeni, Paola. «Cos’è? Un caso di morbillo, di varicella?», ha domandato retoricamente la donna. «Forse erano le idee di Giulio?», ha continuato. «Forse è dal nazi-fascismo che in Italia non ci troviamo a che fare con un caso di torture come quello di Giulio. Solo che loro sono in guerra, ma Giulio era lì per fare il ricercatore. Non era un giornalista, non era una spia, era un ragazzo contemporaneo che studiava, anzi forse era una ragazzo del futuro se è vero che non è stato capito».

Fonte: Giornalettismo

L’FBI è riuscita a ottenere i dati dell’iPhone di San Bernardino

E lo ha fatto senza l'aiuto di Apple: anche l'azione legale di cui si è molto parlato, quindi, è stata sospesa

Chip Somodevilla/Getty Images

L’FBI è riuscita senza l’aiuto di Apple a ottenere i dati criptati dell’iPhone di Syed Rizwan Farook, l’attentatore che lo scorso 2 dicembre ha ucciso 14 persone in una clinica di San Bernardino, in California. Di conseguenza il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ), l’equivalente americano del ministero della Giustizia, ha deciso di chiudere l’azione legale contro Apple di cui si è molto parlato nelle ultime settimane. La notizia circolava già dalla scorsa settimana quando l’udienza era stata posticipata proprio perché il Dipartimento di Giustizia aveva detto di avere trovato una possibile soluzione per lo sblocco del telefonino grazie all’aiuto di un «soggetto terzo» che resta tutt’ora sconosciuto. Lunedì 28 marzo il Dipartimento stesso ha comunicato che quella soluzione ha funzionato rendendo inutile un’udienza futura. L’FBI voleva obbligare Apple a recuperare i dati dall’iPhone in questione superando i sistemi di sicurezza presenti sul telefono.

Quello tra Apple e l’FBI è un confronto che ha aperto un esteso dibattito sui confini entro i quali aziende e istituzioni devono muoversi per tutelare la privacy degli individui. E ora, dopo l’ultimo sviluppo, la questione principale è capire se il Dipartimento di Giustizia sceglierà di rendere tutti gli iPhone più sicuri comunicando ad Apple come sono stati superati i sistemi di sicurezza dell’iPhone (per cui Apple riteneva necessario progettare una versione modificata del suo sistema operativo) o di conservare per sé la tecnica di indagine. Non è infatti chiaro quale sia stato il metodo usato dall’FBI e se funzioni solo sul modello di iPhone 5C appartenuto all’attentatore di San Bernardino o anche sugli altri modelli che usano lo stesso sistema operativo.

Da settimane l’FBI chiedeva a Apple di collaborare per recuperare dei dati criptati nello smartphone di Farook, che era stato trovato durante le indagini e dal quale sperava di ottenere informazioni sulle attività dei terroristi nelle settimane precedenti all’attacco. Finora l’FBI aveva sostenuto che i dati sarebbero stati accessibili solo con la collaborazione di Apple dopo che erano falliti i primi tentativi di recuperarli. Alcuni dati archiviati online tramite il servizio iCloud erano già stati recuperati grazie all’aiuto di Apple, ma l’FBI aveva scoperto che non erano i più recenti e quelli più importanti per le indagini. L’FBI aveva quindi chiesto a Apple, tramite un’ordinanza di un giudice, di sviluppare un’apposita versione del suo sistema operativo iOS da installare su quel telefono, così da fornire un accesso secondario agli investigatori e permettere loro di ottenere i dati più recenti dall’iPhone di Farook, che sono criptati. Apple si era opposta, dicendo che una soluzione di questo tipo avrebbe creato un precedente molto pericoloso, perché l’FBI avrebbe potuto accedere a qualsiasi altro iPhone in suo possesso e che una modifica di questo tipo a iOS sarebbe stata tecnicamente molto difficile da realizzare.

Dopo la notizia dello sblocco riuscito senza l’aiuto di Apple, l’azienda ha pubblicato un comunicato in cui dice: «Fin dall’inizio abbiamo contestato la richiesta dell’FBI di costruire una backdoor (cioè una porta di accesso che consentisse di superare le procedure di sicurezza, ndr) nell’iPhone credendo fosse sbagliato e un precedente pericoloso». Apple ha anche fatto sapere di credere «profondamente che le persone negli USA e in tutto il mondo abbiano il diritto alla protezione di dati, alla sicurezza e alla privacy. Sacrificare un principio in nome di un altro pone le persone e i paesi in una posizione di maggiore rischio. Noi continueremo ad aiutare le forze dell’ordine nelle indagini, come abbiamo sempre fatto, e continueremo ad aumentare la sicurezza dei nostri prodotti mentre le minacce e gli attacchi contro i nostri dati diventano più frequenti e più sofisticati».

Fonte: Il Post

Il dirottatore dell’aereo dell’EgyptAir ha agito per motivi personali

Un poliziotto in servizio all’aeroporto Larnaca vicino al volo Egyptair A320, il 29 marzo del 2016. (Yiannis Kourtoglou, Reuters/Contrasto)

Il dirottatore dell’aereo di linea dell’aereo dell’EgyptAir, in volo da Alessandria d’Egitto al Cairo, ha motivazioni personali non politiche, lo ha confermato il presidente di Cipro Nicos Anastasiades. L’uomo identificato come Ibrahim Abdel Tawwab Samaha è un veterinario e insegna all’università di Alessandria. L’uomo avrebbe lanciato una lettera, scritta in arabo, indirizzata alla sua ex moglie che è cipriota. Inizialmente era stato riportato che l’attentatore aveva indossato una cintura esplosiva, ma la notizia si è rivelata falsa. 

Stamattina, intorno alle 7.30, l’aereo è stato costretto ad atterrare a Larnaca, a Cipro. Secondo i mezzi d’informazione trasportava almeno cinquantapersone, che in gran parte sono state liberate. A bordo sarebbero rimasti alcuni passeggeri.



Fonte: Internazionale

Il terzo responsabile dell’attentato all’aeroporto di Bruxelles è in fuga

Militari all’aeroporto Zaventem di Bruxelles, il 29 marzo del 2016. (John Thys, Afp)

Fayçal Cheffou, arrestato venerdì dalla polizia belga con l’accusa di essere il terzo attentatore dell’aeroporto Zaventem di Bruxelles, è stato rilasciato per insufficienza di prove. Gli ultimi aggiornamenti sulle indagini.

  • Il suo avvocato, Olivier Martins, ha confermato che Cheffou aveva un alibi e si trovava in casa al momento dell’attentato.
  • In un primo momento si pensava che Cheffou, trent’anni, fosse l’uomo che indossa una giacca bianca e un cappello in un video girato da una telecamera a circuito chiuso dell’aeroporto, ma poi l’analisi delle impronte digitali non ha confermato l’ipotesi. Il suo arresto era stato basato sul riconoscimento da parte del tassista che aveva trasportato i tre terroristi all’aeroporto prima dell’attentato.
  • Cheffou rimane indagato per terrorismo, ma non ci sono abbastanza prove per confermare le misure cautelari a suo carico.
  • Al momento, quindi, sono due gli attentatori in fuga: il terzo uomo all’aeroporto Zaventem e il secondo uomo alla stazione della metro. Tre attentatori invece si sono fatti esplodere: si tratta di Khalid e Ibrahim el Bakraoui e di Najim Laachraoui, considerato anche l’artificiere degli attentati di Parigi.
  • In Italia, in provincia di Salerno, sabato scorso è stato fermato un algerino accusato di aver fabbricato documenti falsi per gli attentatori di Parigi e di Bruxelles. L’uomo non sta collaborando con le autorità. Intanto il Belgio ha chiesto la sua estradizione e il 1 aprile è stata fissata l’udienza per la sua estradizione.
  • Le autorità belghe hanno inviato all’Fbi delle copie dei laptop e dei telefonini sequestrati nelle operazioni antiterrorismo.
  • Le vittime delle esplosioni del 22 marzo all’aeroporto e nella metropolitana sono salite a 35, quattro feriti sono morti in ospedale a causa delle ferite riportate.

Fonte: Internazionale

Attacco suicida a Baghdad, 3 morti e 27 feriti

L'esplosione è avvenuta vicino ad un raduno di lavoratori a Tayaran Square

Credit: Reuters

Un attentatore suicida si è fatto esplodere questa mattina nel centro di Baghdad, uccidendo tre persone e ferendone 27, ha detto un portavoce della polizia.

L'esplosione è avvenuta vicino ad un raduno di lavoratori a Tayaran Square, a circa un chilometro da un sit-in tenuto dai sostenitori dell'influente religioso sciita Muqtada al-Sadr, per chiedere riforme politiche.

L'attacco è stato rivendicato dal sedicente Stato islamico.

Fonte: The Post Internazionale

lunedì 28 marzo 2016

Speranze di cura per la malattia di Alzheimer?


Di Marco Cedolin

La malattia di Alzheimer che causa la degenerazione progressiva delle cellule del cervello dei soggetti colpiti, invalidandone la memoria e le capacità cognitive ha un'incidenza che continua ad aumentare in maniera esponenziale dal momento in cui fu scoperta nel 1906 dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer. Nel 2006 vi erano nel mondo 26,6 milioni di persone malate di Alzheimer che sono salite a 46,8 milioni nel 2015 e secondo le stime del rapporto mondiale Alzheimer 2015 potrebbero raggiungere i 74,7 milioni nel 2030 ed i 131,5 milioni nel 2050....

Nonostante la gravità della patologia e l'incremento della sua diffusione, le ricerche mediche non sono finora riuscite a comprendere appieno i meccanismi attraverso i quali insorge la patologia, né tanto meno a realizzare una qualche forma di cura che possa influenzare significativamente il decorso della malattia. Il malato viene sostanzialmente abbandonato al proprio destino, con una terapia farmacologica palliativa ed il supporto di un'assistenza (familiare o presso le case di riposo) che con il progredire della malattia necessita di essere sempre più pesante e di difficile gestione.

All'orizzonte sembra esserci, perlomeno in nuce, qualche nuova speranza che emerge dalle ricerche più innovative.
Una ricerca compiuta dall'Istituto di biomedicina ed immunologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibim-Cnr) di Palermo e pubblicata sulla rivista Biomaterials focalizza la propria attenzione sul rapporto fra insulina ed Alzheimer, partendo dal fatto che i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer sviluppano una resistenza all'insulina cerebrale e dunque una condizione considerata fattore di rischio per lo sviluppo della malattia. Da qui l'idea di usare l'ormone come terapia sperimentale al fine di migliorare le facoltà cognitive in soggetti con l'Alzheimer, inibendo la neuro-degenerazione. Il problema maggiore era rappresentato dal fatto che la consueta somministrazione periferica di insulina, utilizzata nella terapia diabetica provocava il rischio d'insorgenza ed aumento d'ipoglicemia e resistenza all'insulina, oltre a dimostrarsi poco efficace a livello delle cellule cerbrali. Per ovviare alla problematica i ricercatori hanno creato un nanogel costituito da piccolissime particelle polimeriche reticolate idrofile, prodotte attraverso un processo innovativo che fa ricorso alle radiazioni ionizzanti create da un acceleratore di elettroni, comunemente utilizzate per la sterilizzazione industriale di dispositivi biomedicali. Le nanoparticelle sono così in grado di veicolare l'insulina direttamente al cervello, evitando gli effetti collaterali delle terapie ordinarie, superando la barriera emato encefalica ed arrivando più velocemente a contatto delle cellule cerebrali tramite la mucosa olfattoria. Secondo il parere dei ricercatori gli effetti neuroprotettivi del nanogel sarebbero stati verificati sulla capacità di inibire i diversi meccanismi neurodegenerativi (stress ossidativo, disfunzione mitocondriale, morte cellulare) indotti da Abeta, un peptide coinvolto nella malattia diAlzheimer e costituirebbero un primo passo nel tentare di ottenere una cura.

Un'altra ricerca, condotta dall'Università del Michigan, focalizza invece la propria attenzione sulla proteina Igf-I che è in relazione con i processi di proliferazione, migrazione e differenziazione cellulare. I ricercatori hanno constatato come aumentando di circa 50 volte i livelli di Igf-I in una linea di cellule staminali neuronali queste hanno iniziato a produrre cellule cerebrali che sono risultate resistenti all'Alzheimer e persino in grado di riparare le cellule danneggiate dalla malattia. Hanno inoltre scoperto che L'Igf-I bloccherebbe anche la perdita delle cellule del cervello e avrebbe effetti anti-infiammatori. Alla luce di questi studi, secondo la ricercatrice Eva Feldman il trapianto di cellule staminali neuronali rappresenterebbe un nuovo approccio interessante per il trattamento dell'Alzheimer. Sempre stando alle parole della ricercatrice le cellule staminali neuronali hanno una capacità di auto-rinnovamento a lungo termine, il potenziale di differenziarsi in vari tipi di cellule neuronali e la capacità di fornire una fonte illimitata di cellule per la medicina rigenerativa. Il trapianto di staminali neuronali si è in effetti già dimostrato efficace nel migliorare le funzioni del cervello e quelle motorie dopo l'ictus, il morbo di Parkinson e la SLA. Secondo i ricercatori, questi stessi risultati positivi si potrebbero ottenere anche per l'Alzheimer. A suffragare questa tesi recenti ricerche indicano che quando le cellule neuronali umane vengono trapiantate nel cervello di topi con Alzheimer, dopo dieci settimane la cognizione degli animali migliora così come il tasso di sopravvivenza dei neuroni e la funzione delle sinapsi. 

Nonostante le timide speranze che in prospettiva potrebbero derivare dalle nuove sperimentazioni, la medicina purtroppo continua ad ignorare le vere cause che contribuiscono ad innescare la malattia di Alzheimer e si limita a considerarla una "patologia multifattoriale" indotta da una lunga serie di concause che talvolta ed in determinati soggetti determinano l'insorgere della malattia. Le 7 linee guida per prevenire l'Alzheimer diffuse nel 2013 al termine della "International Conference an Nutrition on the Brain" tenutasi a Washington, somigliano da vicino al consiglio di bere molta acqua e stare all'ombra, ripetuto come un mantra dai media durante l'estate con lo scopo di prevenire i colpi di caldo.
Fra gli studi più interessanti fra quelli che hanno tentato di fare luce sulle reali cause della malattia di Alzheimer vanno sottolineati senza dubbio quelli che mettono in relazione l'intossicazione da metalli pesanti, in particolare l'alluminio ed il rame, con la patologia. All'interno delle cellule cerebrali dei soggetti deceduti a causa dell'Alzheimer sono infatti state riscontrate alte concentrazioni di entrambi questi elementi.
L'intossicazione da alluminio determina una serie di sintomi quali perdita della funzione intellettuale, smemoratezza, mancanza di concentrazione, drammaticamente simili a quelli provocati dell'Alzheimer e più in generale danni a livello cerebrale interferendo anche con alcuni neurotrasmettitori.
Riguardo al rame è stato dimostrato il suo coinvolgimento nei meccanismi che sono ritenuti alla base della cascata 'amiloidea', cioè della serie di processi neuropatologici che coinvolgono la proteina beta amiloide che forma le placche nel cervello dei pazienti con la malattia di Alzheimer e portano alla morte dei neuroni, le cellule che formano il cervello.
La relazione con l'intossicazione da allumio e rame potrebbe anche spiegare il repentino incremento dei casi di Alzheimer durante i decenni della "modernità", dal momento che il progresso espone sempre più massicciamente i nostri organismi all'accumulo di questi elementi con i quali veniamo sistematicamente a contatto, attraverso gli utensili da cucina, il confezionamento dei cibi, i farmaci di uso comune e perfino la maggior parte dei vaccini.

Fonte: IL CORROSIVO di marco cedolin

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Il video del terzo attentatore dell’aeroporto di Bruxelles


La polizia belga chiede aiuto per identificare e rintracciare il terzo presunto attentatore dell’aeroporto di Zaventem, appena fuori Bruxelles. A tale scopo ha diffuso un video delle telecamere di sorveglianza dello scalo in cui appare un uomo con il cappello calato sugli occhiali e un giaccone chiaro che spinge un carrello portabagagli. Al suo fianco, i due uomini che pochi minuti dopo si sarebbero fatti saltare in aria, identificati come Ibrahim al Bakraoui e Najim Laachraoui. Secondo la ricostruzione della procura federale l’uomo con il cappello è riuscito ad abbandonare il luogo dell’attacco dopo che il suo ordigno non è esploso.



Gli inquirenti non confermano quindi quanto riportato dai mezzi d’informazione belgi: il tassista che ha portato all’aeroporto il commando suicida avrebbe confessato che il terzo terrorista è Fayçal Cheffou, un uomo che aveva svolto attività da giornalista freelance denunciando il maltrattamento dei richiedenti asilo musulmani e che era stato fermato più volte mentre faceva propaganda estremista tra i rifugiati. Quest’uomo sarebbe in stato d’arresto da giovedì, secondo Le Soir. Le autorità non hanno confermato la notizia. Il 26 marzo, però, la procura ha confermato il fermo per un uomo di cui sono stati forniti solo il nome e l’iniziale del cognome, Faycal C., iscrivendolo nel registro degli indagati con l’accusa di “partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, omicidi terroristici e tentati omicidi terroristici.

Fonte: Internazionale

Palmira distrutta dai jihadisti dello Stato islamico

L’esercito fedele al presidente Bashar al Assad ha riconquistato la città di Palmira, nella Siria centrale. Dopo giorni di combattimento, le forze del governo sostenute dall’aviazione russa hanno costretto alla ritirata i jihadisti del gruppo Stato islamico, che da mesi controllavano la città, sede di un importante sito archeologico. Le immagini scattate tra le rovine di epoca romana e per le strade della città moderna sono state diffuse dall’agenzia stampa siriana Sana.

Una vista generale del sito archeologico di Palmira, nel governatorato di Homs, in Siria. Questa foto è stata scattata il 27 marzo 2016 dopo l’ingresso in città delle truppe governative che hanno cacciato i jihadisti dello Stato islamico. (Reuters/Contrasto)

Le statue distrutte in un corridoio del museo archeologico di Palmira, in Siria, in un’altra foto scattata il 27 marzo e diffusa dal governatorato di Homs il 28 marzo 2016. (Reuters/Contrasto)

Due soldati dell’esercito lealista pattugliano una strada di Palmira, dopo averla riconquistata dai jihadisti dello Stato islamico, il 27 marzo del 2016. (Reuters/Contrasto)

Fonte: Internazionale

L'attacco in Pakistan della domenica di Pasqua

Il Pakistan ha proclamato tre giorni di lutto per la morte di 72 persone, tra cui 29 bambini, a Lahore, dove un attentatore suicida si è fatto esplodere in un parco

Credit: Mohsin Raza

Il Pakistan ha proclamato tre giorni di lutto per la morte di almeno 72 persone, tra cui 29 bambini, a Lahore, dove un attentatore suicida talebano si è fatto esplodere in un parco pubblico.

Il gruppo talebano Jamaat-ul-Ahrar ha fatto sapere che l’obiettivo dell’attacco erano i cristiani che ieri celebravano la Pasqua. Anche numerosi musulmani sono morti nell’attacco. L'esercito pakistano sta dando la caccia ai militanti talebani del gruppo.

Almeno 300 persone sono rimaste ferite, e il bilancio è destinato a salire. Il parco era più affollato del solito, essendo la domenica di Pasqua.

Il primo ministro Nawaz Sharif ha visitato alcuni dei feriti in ospedale e ha incontrato i funzionari di sicurezza per pianificare una risposta. L'esplosione ha colpito il cancello principale del parco Gulshan-e-Iqbal in prima serata, a breve distanza dal parco giochi per bambini.

L’attacco suicida del parco Gulshan-e-Iqbal di Lahore è stato il più sanguinoso attentato contro i cristiani del Pakistan dal 2013, quando a Peshawar vennero uccise più di 80 persone in una chiesa.

Molti credono che dietro l’attacco ci siano anche altri motivi: il 27 marzo era il termine fissato da un'alleanza di più di 30 gruppi religiosi per far sì che il governo provinciale del Punjab ritirasse una nuova legge sui diritti delle donne a cui i religiosi si oppongono.

Il governo del Punjab, di cui Lahore è la capitale, ha dichiarato lo stato di emergenza nella città e tre giorni di lutto. Le scuole e mercati della provincia sono stati chiusi. Lahore è una delle città più liberali e ricche del Pakistan.

Un portavoce di Jamaat-ul-Ahrar, Ehsanullah Ehsan, ha detto che il gruppo ha voluto inviare un messaggio al primo ministro Nawaz Sharif dicendo che i talebani "sono entrati Lahore" e ha minacciato ulteriori attacchi.

Jamaat-ul-Ahrar ha svolto diversi altri attacchi contro i civili e le forze di sicurezza pakistane negli ultimi mesi.
I cristiani in Pakistan rappresentano circa l’1,6 per cento della popolazione e sono la seconda più grande minoranza in Pakistan dopo gli indù.

La maggior parte di loro si trova a Karachi, ma anche nel Punjab, nella città di Lahore e Faisalabad, e nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa in particolare nella città di Peshawar.

Molti cristiani pakistani sono i discendenti di una bassa casta indù che si era convertita al cristianesimo sotto il Raj britannico.

Fonte: The Post Internazionale

domenica 27 marzo 2016

Buona Pasqua


Auguro a tutti i lettori, assidui o frequentatori, e a tutti i blog amici di trascorrere una serena e felice Pasqua 

Andrea De Luca

sabato 26 marzo 2016

È morto a 86 anni Paolo Poli

Era un eccezionale attore di teatro, amato per il suo senso dell'umorismo e la sua indipendenza di pensiero: ha lavorato in tv fino a pochi mesi fa

(ANSA/ WEB/ MOVIEPLAYER)

Paolo Poli, uno dei più noti e apprezzati attori italiani di teatro, è morto venerdì 25 marzo. Aveva 86 anni. Poli era nato a Firenze nel 1929: nella sua carriera aveva fatto anche cinema e televisione, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta: caratterizzando i suoi ruoli sempre con una grande brillantezza, senso dell’umorismo, e autonomia dai conformismi. Si era pubblicamente dichiarato omosessuale in tempi in cui era raro e difficile, capace di essere indipendente anche rispetto a questo. Negli ultimi anni era tornato spesso in tv: è stato ospite a Che tempo che fa e alle Invasioni barbariche, e nel 2015 ha condotto un programma autobiografico di 8 puntate su Rai3.



Poli aveva cominciato a recitare da attore professionista nei teatri di Firenze, Roma e Genova negli anni Sessanta, divenendo subito molto noto per il suo talento e le sue esibizioni sopra le righe (durante le recite si travestiva spesso, anche da donna). Negli anni ha recitato in famosissime commedie teatrali, e adattato testi letterari in altrettanti spettacoli: da Rita da Cascia del 1966 – nel quale recitava nella parte di una ragazza – fino a Tito Andronico di Shakespeare, Rosmunda di Vittorio Alfieri, L’asino d’oro di Apuleio, passando per gli adattamenti di Esercizi di stile di Raymond Queneau e Aquiloni, uno spettacolo tratto dalle poesie di Giovanni Pascoli.



Ma Poli ha fatto anche parecchia televisione: fra gli anni Cinquanta e Sessanta leggeva fiabe e poesie sulla RAI, per la quale recitò anche in diverse miniserie. Nel 1970 condusse il programma televisivo Babau, nel quale oltre a recitare intervistava importanti personaggi della cultura italiana del tempo come Umberto Eco e Camilla Cederna. Il programma fu censurato dalla RAI e andò in onda molti anni dopo.





Nel 2015 ha condotto la sua ultima trasmissione, E lasciatemi divertire, andata in onda per otto puntate su Rai3 assieme a Pino Strabioli. L’ultima puntata di E lasciatemi divertire è andata in onda l’8 novembre 2015.

Fonte: Il Post

Identificato il terzo uomo all'aeroporto di Bruxelles

Secondo la rivelazione del tassista che li ha accompagnati, si tratterebbe del giornalista Faycal Cheffou, che potrebbe essere stato arrestato nelle retate di ieri


Il terzo uomo presente insieme ai due kamikaze che si sono fatti esplodere il 22 marzo presso l'aeroporto di Zaventem, a Bruxelles, sarebbe stato identificato, secondo quanto riportato dall'agenzia Reuters.

Si tratterebbe di un giornalista freelance franco-algerino di nome Faycal Cheffou.

Venerdì 25 marzo la polizia belga aveva fornito il nome parziale di uno degli arrestati nel corso delle retate svoltesi a Bruxelles come "Faycal C", e secondo alcuni media belgi si tratterebbe della stessa persona. 

Sempre secondo i media belgi, a riconoscere nel terzo uomo Faycal Cheffou sarebbe stato il tassista che la mattina del 22 marzo ha portato i tre terroristi all'aeroporto.

Il 22 marzo alcuni terroristi hanno realizzato un duplice attentato a Bruxelles, presso l'aeroporto di Zaventem e la stazione della metropolitana di Maelbeek, causando la morte di oltre 30 persone. L'attentato è stato rivendicato dall'Isis.

Fonte: The Post Internazionale

venerdì 25 marzo 2016

L’Egitto dice di avere ucciso gli assassini di Regeni

Sarebbero i membri di una banda criminale specializzata in sequestri di cittadini stranieri, morti in una sparatoria con la polizia


Giovedì il governo egiziano ha fatto capire di avere trovato gli assassini di Giulio Regeni, il dottorando italiano ucciso al Cairo, la capitale dell’Egitto, all’inizio di febbraio. Nel pomeriggio c’era stata una sparatoria nella zona di New Cairo, non lontano dal luogo in cui era stato ritrovato il corpo di Regeni. Nella sparatoria erano state uccise cinque persone, che secondo le autorità egiziane facevano parte di una banda criminale specializzata nel sequestro di stranieri. Poche ore dopo il ministero dell’Informazione egiziano aveva detto di avere trovato delle cose appartenenti a Regeni in un appartamento alla periferia del Cairo, nel quale abita la sorella del capo della stessa banda criminale. Il governo egiziano non ha esplicitamente collegato la banda criminale con l’assassinio di Regeni: la notizia comunque è stata ripresa da diversi giornali egiziani.

Nella borsa sono stati trovati un porta-documenti marrone contenente il passaporto di Regeni, il suo tesserino dell’Università Americana del Cairo e quello dell’Università di Cambridge, la sua carta di credito e due telefonini. Il Corriere aggiunge che sarebbero stati trovati anche «un portafoglio femminile con la parola “love” contenente cinquemila sterline egiziane, un orologio da donna e “un pezzetto di materiale marrone che sembra hashish”». Il ministero degli Interni egiziano ha poi postato su Facebook alcune foto che mostrano le cose di Regeni che la polizia dice di avere trovato nell’appartamento del Cairo.


https://m.facebook.com/MoiEgy/albums/1056281297748866/
Pubblicato da ‎ايجابيات مصر‎ su Giovedì 24 marzo 2016


Regeni era scomparso il 25 gennaio al Cairo ed era stato trovato morto pochi giorni dopo con evidenti segni di torture sul corpo. Per le sua attività di ricerca accademica, Regeni si occupava principalmente di sindacati indipendenti e con posizioni anti-regime. Il governo egiziano – presieduto dal presidente Abdel Fattah al Sisi – è stato accusato da diversi giornalisti ed esperti di avere depistato le indagini sulla morte di Regeni e di non avere collaborato a sufficienza con le autorità italiane. La stessa ricostruzione dei fatti di giovedì è stata messa in discussione anche dal quotidiano filo-governativo egiziano al-Ahram, che ha scritto: «Una fonte della sicurezza ha smentito le informazioni pubblicate che legano l’omicidio dell’accademico italiano Giulio Regeni alla banda specializzata nel sequestro e rapina di stranieri a New Cairo. La fonte ha dichiarato che gli apparati di sicurezza continuano il loro lavoro per svelare l’omicidio dell’italiano e anche i crimini commessi da questa banda, e se c’è un rapporto tra loro».

Fonte: Il Post

La riconquista di Palmira

L’esercito di Damasco ha ripreso il controllo di Palmira, la città siriana sede di uno dei siti archeologici romani considerati patrimonio dell’umanità. L’avanzata dei soldati siriani, a scapito dei jihadisti del gruppo Stato islamico, è avvenuta con il sostegno dall’aviazione russa. Tuttavia, denuncia un gruppo locale di attivisti, i bombardamenti rischiano di distruggere le rovine romane. Il 24 marzo si sono incontrati a Mosca il presidente russo Vladimir Putin e il segretario di stato americano John Kerry, che si sono accordati sull’obiettivo di redigere una nuova costituzione per la Siria entro agosto.

L’esercito siriano si dirige verso Palmira, il 24 marzo 2016. (Sana/Reuters/Contrasto)

Un edificio a Palmira, riconquistato dalle truppe governative, il 24 marzo 2016. (Sana/Reuters/Contrasto)

Un soldato dell’esercito siriano all’interno di un palazzo, durante l’offensiva per riconquistare Palmira, il 24 marzo 2016. (Sana/Reuters/Contrasto)

Fonte: Internazionale

Il boia di Srebrenica, Radovan Karadzic, condannato per genocidio

Una corte dell'Onu ha condannato a 40 anni di carcere l'ex leader serbo bosniaco per crimini contro l'umanità nella guerra successiva allo scioglimento della Jugoslavia

Radovan Karadzic.

Il 24 marzo 2016 i giudici del Tribunale penale internazionale hanno ritenuto l'ex leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic responsabile di crimini contro l'umanità, genocidio e crimini di guerra commessi nel corso del conflitto successivo allo scioglimento dell'ex Jugoslavia, avvenuto negli anni Novanta.

Karadzic è stato condannato a quarant'anni di reclusione.

Nello specifico, Karadzic è stato ritenuto responsabile del genocidio di Srebrenica del 1995, il più grande massacro mai avvenuto in Europa dalla conclusione della Seconda guerra mondiale, in cui circa 8mila musulmani bosniaci furono uccisi dalle milizie serbe, e per l'assedio della capitale bosniaca Sarajevo.

Radovan Karadzic, 70 anni, è stato presidente della Repubblica Serba di Bosnia, e nel 1996 è divenuto latitante, vivendo a Belgrado sotto falso nome e riciclandosi come medico specializzato in tecniche alternative presso una clinica privata.

In quel periodo, gli Stati Uniti sono arrivati a offrire una taglia di 5 milioni di dollari per la sua cattura, avvenuta poi nel 2008.

Fonte: The Post Internazionale

Attacchi di Bruxelles, arrestate sei persone

La polizia belga ha fermato sei persone ritenute di essere coinvolte negli attentati di martedì 22 marzo che hanno causato la morte di oltre trenta persone

Forze di sicurezza belghe a Bruxelles.

A tre giorni dagli attacchi all'aeroporto e alla stazione della metro di Bruxelles, ecco gli ultimi aggiornamenti:

- Nella notte di giovedì 24 marzo la polizia belga ha effettuato delle incursioni a Bruxelles. Sei persone sono state arrestate. Gli arresti sono collegati alle indagini in corso sugli attentati di martedì 22 marzo nella capitale belga. Lo riferiscono fonti dell'ufficio dei procuratori federali belgi.

- L'emittente pubblica Rtbf ha detto che un settimo uomo è stato arrestato nel quartiere Forest di Bruxelles venerdì 25 marzo. Il quotidiano De Standaard ha diffuso la notizia dell'arresto di un uomo che è stato filmato dalle telecamere di sicurezza nel terminal dell'aeroporto accanto ai due attentatori che si sono fatti esplodere. I procuratori non hanno confermato l'arresto e non si sa se l'uomo era tra i sette arrestati durante la notte.

- Tre degli arresti sono stati fatti direttamente al di fuori degli uffici del pubblico ministero nel centro di Bruxelles; altri due sono stati arrestati in altre parti del territorio della capitale belga, mentre una persona è stata arrestata nel comune periferico di Jette.

- Una forte esplosione è stata avvertita nel sobborgo nord-orientale di Schaerebeek, dove la polizia e i soldati hanno portato avanti un raid separato. Nessun arresto è stato effettuato in questo luogo.

- Per il momento non sono stati forniti ulteriori informazioni sull'identità degli arrestati, ma la polizia ha cercato due uomini - uno coinvolto nelle esplosioni all'aeroporto e uno nella metropolitana - che si pensa siano fuggiti dopo gli attentati.

- I raid della polizia sono continuate nel sobborgo Argenteuil di Parigi, dove in precedenza un cittadino francese è stato arrestato.

- Il ministro dell'Interno francese, Bernard Cazeneuve, ha detto: "In questa fase, non vi è alcuna prova tangibile che collega gli attentati di Parigi a quelli di Bruxelles. Indiscrezioni dei media francesi hanno detto che l'uomo era stato precedentemente condannato in Belgio per la sua appartenenza a una rete jihadista".

"Non abbiamo ancora una conferma dei nomi degli arrestati in Belgio e in Francia giovedì 24 marzo, né sappiamo se essi siano collegati. Nella lista è comparso il nome di Mohamed Abrini, un amico di infanzia dell'attentatore Salah Abdeslam, arrestato venerdì 18 marzo in un appartamento a Molenbeek".

- Abrini aveva viaggiato con gli attentatori di Parigi ed era stato nominato dagli inquirenti francesi come un sospetto. Egli risulta essere ancora in fuga dalla polizia.

- Testimoni da Schaerbeek dicono che la polizia ha blindato una zona considerevole del quartiere e che le operazioni sono durate tre ore. L'operazione ha coinvolto delle squadre Swat e delle auto blindate con il supporto di elicotteri e sono iniziate subito dopo le nove, secondo quanto riferito dall'emittente di stato Rtbf, citando fonti della polizia.

- Intanto la polizia continua a cercare un uomo visto nelle immagini a circuito chiuso che indossa un cappello, degli occhiali da sole e una giacca di colore chiaro. Si pensa che l'uomo abbia abbandonato l'aeroporto dopo che la sua bomba nascosta in una valigia non era esplosa.

Fonte: The Post Internazionale

giovedì 24 marzo 2016

È morto Johan Cruyff

Aveva 68 anni: è stato un ottimo allenatore e da giocatore – di Ajax, Barcellona e Olanda – è stato tra i migliori di sempre

Johan Cruyff nel 1996 (Ben Radford/Allsport)

Johan Cruyff, leggendario ex calciatore e allenatore olandese di Barcellona e Ajax e considerato uno dei più forti giocatori tutti i tempi, è morto oggi a Barcellona: aveva 68 anni. A Cruyff – fumatore per gran parte della sua vita – era stato diagnosticato un tumore ai polmoni lo scorso ottobre. Aveva smesso di fumare nel 1991, dopo un’operazione al cuore. Negli anni Settanta Cruyff rivoluzionò il modo in cui si giocava a calcio e divenne – soprattutto grazie a Rinus Michels (allenatore di Ajax, Barcellona e Olanda) – il principale esponente del “calcio totale”. Cruyff vinse il Pallone d’oro nel 1971, nel 1973 e nel 1974 e nel 1999 l’IFFHS (la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio) l’ha messo al secondo posto nella classifica dei migliori calciatori del Ventesimo secolo, dietro a Pelé. Con l’Ajax Cruyff vinse per tre anni consecutivi, dal 1971 al 1973, la Coppa dei Campioni. Portò l’Olanda in finale ai Mondiali del 1974, perdendo dalla squadra ospitante, la Germania.

Finita la carriera da calciatore Cruyff allenò le due squadre più famose con cui aveva giocato: vinse una Coppa delle Coppe con l’Ajax nel 1987, una Coppa dei Campioni con il Barcellona (nel 1992) e quattro campionati consecutivi con il Barcellona, dall 1991 al 1994. Cruyff è stato anche dirigente dell’Ajax e presidente del Barcellona per alcuni mesi, nel 2010. L’ultimo suo incarico dirigenziale risale al 2012, quando per circa un anno fu dirigente del Chivas Guadalajara, squadra del campionato messicano.

Nella sua carriera da allenatore Cruyff ha vinto 242 partite su 387, perdendone in tutto 70. Da giocatore ha invece segnato 392 gol in 520 partite, in una carriera da professionista che è durata 19 anni. Seppur altissimo, il numero di gol segnati da Cruyff non è però sufficiente per raccontare che tipo di calciatore è stato. Cruyff è infatti stato il giocatore ideale per il calcio totale, perché era capace di fare benissimo molte cose diverse ed era sia elegante che potente ed era ambidestro. Cruyff era conosciuto per la sua velocità e la sua bravura nel dribbling: è famoso, tra le altre cose, per il “Cruyff turn“, un particolare modo usato da Cruyff per saltare l’avversario e di cui si iniziò a parlare durante i Mondiale del 1974. Per la sua bravura nei passaggi e nel vedere i movimenti dei compagni il giornalista britannico Dave Miller lo soprannominò “Pitagora in scarpe da calcio“.


Il calcio totale – un calcio in cui non ci sono posizioni fisse e in cui ogni calciatore può, di volta in volta, giocare in diverse parti del campo – permise a Cruyff di sfruttare insieme tutte le sue qualità. Parlando di Cruyff l’ex calciatore francese Eric Cantona – uno dei più forti degli ultimi decenni, seppur molto discontinuo – ha detto, inserendolo nella sua squadra ideale: «Era un creatore: con il suo modo di giocare a calcio era al centro di una rivoluzione. L’Ajax ha cambiato il calcio e lui ne è stato il leader. Se avesse voluto avrebbe potuto giocare in ogni posizione del campo».

Parlando del suo modo di stare in campo, muovendosi molto tra un “ruolo” e l’altro, Cruyff disse: «È dimostrato statisticamente che in una partita di novanta minuti ciascun giocatore, in realtà, ha la palla tra i piedi per 3 minuti, in media. Quindi la cosa più importante è cosa fai durante gli 87 minuti in cui non hai la palla tra i piedi». In un’altra occasione spiegò, riferendosi alla sua capacità di muoversi per il campo e arrivare sul pallone prima degli altri: «La velocità e l’intuizione vengono spesso confuse. Sembro veloce perché inizio a correre prima che gli altri se ne accorgano».



La homepage del giornale olandese de Volkskrant in questo momento:




Nel 1976 Sandro Ciotti, celebre ed esperto giornalista e radiocronista sportivo, diresse un documentario su di lui che venne proiettato nei cinema, Il profeta del gol, con musiche originali composte da Bruno Martino.

Fonte: Il Post

A che punto sono le indagini sugli attentati a Bruxelles


  • La polizia sta ancora cercando due sospettati. Il primo è stato ripreso dalle telecamere di sicurezza all’aeroporto di Zaventem. Il secondo è stato visto nella metropolitana insieme a Khalid el Bakraoui, uno dei due fratelli kamikaze. Nessuno dei due è stato identificato.
  • Najim Laachraoui, già sospettato di essere uno dei coordinatori da Bruxelles degli attentati parigini, è stato identificato come il secondo attentatore suicida. Lo riportano i mezzi d’informazione francesi e belgi, ma la notizia non è stata confermata.
  • Salah Abdeslam, tra autori degli attentati del 13 novembre, è comparso brevemente di fronte alla camera di consiglio di Bruxelles, ma l’udienza è stata rinviata al 7 aprile. Abdeslam secondo gli inquirenti aveva legami anche con la cellula di Bruxelles. Il suo avvocato, Sven Mary, ha dichiarato che il suo cliente “non era a conoscenza” degli attentati del 22 marzo a Bruxelles e ha aggiunto che Abdeslam non ha intenzione di opporsi all’estradizione dal Belgio alla Francia.
  • Ci sono ancora poche informazioni sulle 31 vittime degli attentati. Il portavoce della procura federale belga ha spiegato che le identificazioni sono difficili “perché si è trattato di esplosioni particolarmente violente e ci sono molti stranieri”. Secondo il ministro degli esteri belga ci sono vittime di più di quaranta nazionalità diverse. I feriti sono più di 270, secondo l’ultimo bilancio ufficiale diffuso dalle autorità.
  • Rob Wainwright, capo dell’agenzia Europol, ha confermato che gli attacchi di Bruxelles sono legati a quelli del 13 novembre a Parigi e ha aggiunto che lo Stato islamico ha assunto una strategia più “aggressiva” in Europa. Ci sono almeno 5.000 potenziali terroristi in Europa, ha aggiunto Wainwright, e sono a rischio altri paesi oltre alla Francia e al Belgio.
  • Il ministro degli interni Jan Jambon e quello della giustizia Koen Geens hanno presentato al primo ministro belga Charles Michel le loro dimissioni, ma Michel le ha respinte. Lo scrivono diversi mezzi d’informazione belgi.
  • La sera del 23 marzo Recep Tayyip Erdoğan ha dichiarato che Ibrahim el Bakraoui, uno degli attentatori di Bruxelles, a giugno era stato arrestato in Turchia ed estradato in Belgio.

mercoledì 23 marzo 2016

Come sono andate le primarie in Arizona, Utah e Idaho

In Arizona vincono Trump per i repubblicani e Clinton per i democratici. Intanto Jeb Bush ha dato il suo endorsement a Ted Cruz

Hillary Clinton a Phoenix, in Arizona. Credit: Mario Anzuoni

Il 22 marzo 2016 si sono tenute le primarie e i caucus dei democratici in Arizona, Utah e Idaho. I repubblicani hanno votato invece soltanto in Arizona e Utah. Hillary Clinton si è aggiudicata l'Arizona, dove ha ottenuto 43 delegati. Bernie Sanders ha vinto invece i caucus in Idaho e Utah, rispettivamente con 17 e 18 candidati.

Per i repubblicani, Donald Trump si è aggiudicato i 58 delegati dell'Arizona. L'Utah invece è andato a Ted Cruz, con 40 delegati.

Intanto, il candidato repubblicano che si era ritirato dalla corsa dopo le primarie in South Carolina lo scorso 20 febbraio, Jeb Bush, ha dato il suo endorsement a Ted Cruz.

Fonte: The Post Internazionale

Salvini, lo sciacallo di Bruxelles


Curzio Maltese
Giornalista e scrittore, eurodeputato Lista Tsipras

Sono 73 gli europarlamentari italiani a Bruxelles e la maggior parte sono in questo tragico giorno qui, nella capitale d'Europa. Ma soltanto uno, Matteo Salvini, ha avuto il sangue freddo, la mancanza di scrupoli e di dignità umana d'inviare tweet e selfie dall'ingresso del Parlamento europeo, davanti alle camionette dell'esercito, per speculare al volo sulla tragedia che ha spezzato decine di vite innocenti e distrutto tante famiglie.
A pochi minuti dalla strage, senza un pensiero per le vittime, un attimo di umano dolore e di dubbio, concentrandosi solo sull'occasione che la propria presenza al centro della scena mediatica gli offriva. Naturalmente i siti dei giornali e le televisioni hanno premiato con entusiasmo questo desolante cinismo, dando ampio risalto alla disgustosa autopromozione del leader leghista.

E di sicuro l'eroica presenza sarà al centro delle prossime puntate dei talk show all'italiana, questi pollai d'allevamento del cretinismo nazionale che hanno scelto da tempo e giustamente, dal loro punto di vista, Salvini come ospite più rappresentativo. Si tratta di un piccolo misero episodio di sciacallaggio politico fra tanti, ma ha il merito almeno di rivelare con chiarezza quanto la complicità di media superficiali e spregiudicati abbia contribuito in tutti questi anni ad allevare nel nostro Paese una mediocre, corrotta e cinica classe dirigente.

Fonte: L'Huffington Post

A che punto sono le indagini sugli attentati di Bruxelles

La polizia belga pattuglia l’entrata della stazione centrale dei treni di Bruxelles. (François Lenoir, Reuters/Contrasto)

Il procuratore belga Frédéric Van Leeuw ha tenuto una conferenza stampa a Bruxelles. Le autorità hanno confermato che gli autori degli attentati sono due fratelli, Khalid e Brahim el Bakraoui. Il punto sugli attentati.

  • Le autorità hanno confermato il bilancio delle vittime: si tratta di 31 morti e 270 feriti.
  • Secondo il procuratore federale belga, gli autori dell’attentato all’aeroporto sono tre. Due di loro si sono fatti esplodere e un terzo è in fuga. Il primo kamikaze è stato identificato come Ibrahim el Barkaoui, il secondo non è stato ancora identificato. Un terzo uomo è fuggito, dopo aver abbandonato una “borsa” in aeroporto. In questa borsa si trovava “la carica esplosiva più grossa”.
  • Due fratelli sono tra gli autori degli attentati: si tratta di Ibrahim e Khalid el Bakraoui. Uno si è fatto esplodere all’aeroporto, l’altro nella stazione della metro.
  • Il procuratore ha annunciato che uno dei kamikaze, Ibrahim el Barkaoui, è stato identificato grazie alle sue impronte digitali.
  • Secondo le autorità, molte persone sono coinvolte negli attentati di Bruxelles e sono ancora latitanti. 
  • Secondo il procuratore federale belga, la carica esplosiva che è stata trovata nella borsa del terzo sospetto è stata fatta brillare dagli artificieri. All’aeroporto è stata trovata anche un’arma.
  • È attraverso la testimonianza di un tassista che ha raccontato di aver portato tre persone all’aeroporto che è stato possibile arrivare a un appartamento di Schaerbeek, dove si è svolta una perquisizione martedì pomeriggio.
  • Questa perquisizione ha portato alla scoperta di 15 chili di perossido di acetone (Tatp), 150 litri di acetone, 30 litri di acqua ossigenata, diverse valigie e chiodi.
  • In un cestino della spazzatura vicino all’appartamento di Schaerbeek è stato trovato un computer, con il testamento di Ibrahim el Berkaoui. Nel testamento, El Berkaoui parla delle connessioni con Salah Abdeslam. 
  • Altre perquisizioni sono in corso e una persona è stata fermata e interrogata.

Fonte: Internazionale