sabato 31 ottobre 2015

Expo: oggi la cerimonia di chiusura con Sergio Mattarella

Oggi va in scena l'ultimo atto di Expo 2015: accessi chiusi dalle 17 e cerimonia conclusiva al via alle 18. Confermata la presenza di Sergio Mattarella, insieme alle autorità dell'evento

Di Valentina Spotti


Expo: cerimonia di chiusura in arrivo. Oggi, 31 ottobre 2015 cala il sipario su Expo Milano 2015, l’Esposizione Universale di Milano che per sei mesi ha catalizzato l’attenzione del mondo sulla città della Madonnina. Questa sera andrà in scena l’ultimo atto, con una speciale cerimonia di chiusura che accompagnerà l’ultimo giorno di Expo 2015 prima della chiusura definitiva del sito espositivo di Rho Fiera.

EXPO CERIMONIA DI CHIUSURA: QUANDO - Come annunciato qualche giorno fa dal commissario di Expo Giuseppe Sala, sabato 31 ottobre gli accessi a Expo chiuderanno alle 17. Questo significa che per il giorno della chiusura non sarà più possibile entrare al sito espositivo con il biglietto dell’ingresso serale a 5 euro. Chi vorrà assistere dal vivo alla cerimonia di chiusura di Expo dovrà obbligatoriamente varcare i cancelli entro le 17, pagando il normale ingresso diurno. Dalle 17 in avanti il sito espositivo diventa “off-limits” per tutti coloro che non si trovano al suo interno. Della serie: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori. Per chi si trova all’interno di Expo, potrà rimanere tranquillamente fino alle 24: anche nella serata conclusiva il sito espositivo osserverà il normale orario di chiusura del weekend, con l’unica differenza che sarà l’ultima volta. La cerimonia di chiusura inizierà alle ore 18 all’Open Air Theatre: il grande teatro all’aperto dove, lo scorso 1 maggio, Matteo Renzi aveva ufficialmente aperto Expo Milano 2015. L’intera cerimonia sarà trasmessa in diretta televisiva su Rai1 con La Vita in diretta Speciale Expo dalle 17 alle 20, con all’interno uno speciale TG1 dedicato alla cerimonia di chiusura ufficiale. L’intera cerimonia di chiusura sarà anche trasmessa in streaming sul sito di Expo a partire dalle 17.

EXPO CERIMONIA DI CHIUSURA: CHI CI SARÀ? - La lista degli ospiti che presenzieranno alla cerimonia di chiusura di Expo 2015 è stata diffusa alla vigilia della cerimonia di chiusura: saranno presenti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina, il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il commissario di Expo 2015 Giuseppe Sala e il commissario generale del Padiglione Italia Diana Bracco.

EXPO CERIMONIA DI CHIUSURA: GLI ULTIMI GIORNI DI EXPO - L’ultimo atto di Expo comincerà già da venerdì 30 ottobre con la Giornata del BIE – il Bureau International des Expositions, l’ente che sovrintende e regola tutte le esposizioni universali. In questo giorno il BIE assegnerà i premi ai Padiglioni dei paesi partecipanti a Expo 2015 premiandoli sulla base dei contenuti e del concept della struttura. In quell’occasione avverrà anche il passaggio di bandiera con l’Esposizione Universale di Dubai. Per quanto riguarda la serata del 31 ottobre, Expo chiuderà ufficialmente i battenti alle 24, mentre i padiglioni osserveranno il solito orario di chiusura riservato ai padiglioni stessi, cioè tra le 20.30 e le 21.30. Non è escluso, tuttavia, che in quella serata qualche padiglione ospiti qualche festa privata, riservata agli organizzatori delle singole nazioni.

EXPO CERIMONIA DI CHIUSURA: COSA VEDERE - Se non siete ancora stati a Expo, oggi è l’ultimo giorno utile per visitare l’Esposizione Universale anche se la presenza di diverse autorità potrebbe rendere piuttosto difficoltoso visitare l’Esposizione con tranquillità. Poiché il 31 ottobre è anche la notte di Halloween, Expo si è premurata di comunicare che, in base alla normativa vigente in Italia, non è possibile venire sul Sito Espositivo truccati e mascherati.

(Photocredit copertina: ANSA/ STEFANO PORTA)

Fonte: Giornalettismo

venerdì 30 ottobre 2015

Marino. Fine della storia

Stavolta per davvero: le dimissioni in blocco dei consiglieri comunali fanno decadere Ignazio Marino da sindaco di Roma, e con lui la sua giunta

Ignazio Marino, Roma, aprile 2015 (GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images)

Le dimissioni in blocco di 25 (o 26) consiglieri comunali di Roma, consegnate formalmente venerdì pomeriggio, hanno messo di fatto fine alla giunta del sindaco Ignazio Marino, che non ha più il sostegno del consiglio. Nel pomeriggio di giovedì 29 ottobre Ignazio Marino aveva annunciato il ritiro delle sue dimissioni da sindaco di Roma, confermandolo successivamente con una lettera alla giunta intorno alle sette di sera. Marino aveva annunciato le sue dimissioni l’8 ottobre e le aveva formalizzate il 12. La legge prevede che le dimissioni diventino efficaci dopo 20 giorni dalla loro presentazione al consiglio: Marino aveva alluso alla possibilità di ripensarci già quando aveva annunciato le dimissioni e lo aveva fatto più volte in questi ultimi giorni.

Dopo la decisione di Marino di non ritirarsi e di voler cercare un confronto con la sua maggioranza, gli assessori del PD Marco Causi (Bilancio e vicesindaco), Stefano Esposito (Trasporti) e Luigina Di Liegro (Turismo) avevano dato le dimissioni. Alle 7 si era tenuta una riunione della giunta (dimezzata) che ha approvato la sperimentazione della pedonalizzazione integrale dei Fori nei festivi e nei fine settimana e qualche altro provvedimento. Dopo la riunione si erano dimessi gli assessori Alfonso Sabella (Trasparenza e Legalità), Maurizio Pucci (Lavori pubblici), Giovanna Marinelli (Cultura) e Marco Rossi Doria (Istruzione).

Dopo la rinuncia alle dimissioni, il commissario del PD a Roma, Matteo Orfini, e il capogruppo del PD in Campidoglio, Fabrizio Panecaldo, avevano pubblicato una nota:

«Con senso di responsabilità nei confronti dei romani e di Roma che non merita il protrarsi di questa penosa attesa siamo uniti e determinati a dare alla Capitale da domani un nuovo inizio. Spiace che Ignazio Marino oggi abbia vanificato uno sforzo comune per individuare soluzioni che avessero al centro la città e non i destini personali. Così non è stato, con un inspiegabile arbitrio e un’idea di Roma come di una proprietà privata, che non è giusta e corretta nei confronti dei cittadini. Domani Roma volta pagina e non perché lo ha deciso questo o quel partito, ma perché, andando oltre egoismi e personalismi, la nostra città merita affidabilità, governo quotidiano e una rinascita civica su cui lavoreremo da subito».

Nel frattempo, Repubblica ha scritto che a Marino è stato notificato già da mercoledì un avviso di garanzia: è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Roma per peculato e concorso in falso in atto pubblico nell’inchiesta sui giustificativi delle note spese saldate con la carta di credito del Comune. La notizia è stata confermata in mattinata dal legale del sindaco. Secondo il Corriere, Marino sarebbe indagato con l’accusa di truffa anche in una seconda indagine legata alla “Image Onlus“, fondata da lui nel 2005 per portare aiuti in Honduras e Congo: sarebbero stati contestati due contratti di consulenza che avrebbero garantito all’associazione una serie di sgravi fiscali. Dopo la notizia dell’indagine, l’ex assessore ai Trasporti di Roma Stefano Esposito ha commentato su Twitter scrivendo:


E poi?
In base all’articolo 141 del Testo unico sugli enti locali, allo scioglimento effettivo del consiglio seguirà la contestuale nomina di un commissario. Il prefetto di Roma, che è Franco Gabrielli, dovrà nominare il commissario prefettizio. I poteri del commissario prefettizio sono identici a quelli di consiglio, giunta e sindaco messi insieme. La sua nomina coinciderebbe con due importanti eventi che inizieranno a Roma nei prossimi mesi: il Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco (8 dicembre) e il processo di Mafia Capitale (5 novembre).

Il rinnovo del consiglio comunale, cioè le elezioni, dovrebbero coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge: quindi maggio 2016, quando si voterà anche a Milano, Trieste, Bologna, Cagliari, Napoli e Torino (oltre che in altre centinaia di comuni più piccoli).

Fonte: Il Post

Messina: «Oggi riprende l’erogazione dell’acqua»

Lo ha fatto sapere il sindaco Renato Accorinti: «Il giasto dovrebbe essere riparato». La città senza servizio idrico per 6 giorni


Il calvario di Messina, senza acqua da sei giorni, potrebbe concludersi in giornata. A comunicarlo è il sindaco Renato Accorinti. «Già dalle nove di oggi – ha fatto sapere il primo cittadino – potrebbe riprendere l’erogazione dell’acqua, i tecnici Amam hanno lavorato tutta la notte sulla condotta di Fiumefreddo e ora il guasto dovrebbe essere riparato».

LEGGI ANCHE: Lo scandalo (silenzioso) di Messina senza acqua da 5 giorni

MESSINA, VERSO L’EROGAZIONE DELL’ACQUA - «Ritengo che tra oggi e domani – ha detto ancora Accorinti – l’acqua dovrebbe arrivare nelle case. Anche il bypass che stiamo realizzando tra l’acquedotto dell’Alcantara e quello di Fiumefreddo dovrebbe essere pronto in giornata. È stata un’emergenza incredibile e non vogliamo che accada più per questo chiederemo comunque lo stato di calamità affinché arrivino i fondi per mettere in sicurezza la condotta in ogni punto. Ora andrò all’Anci nazionale a Torino e da li chiederò con forza un aiuto per la città di Messina».

(Foto di copertina: ANSA / Gianluca Rossellini)

Fonte: Giornalettismo

Un polo tecnologico in area Expo? Ma che sia un vero polo di ricerca

Nella discussione sul dopo Expo quella del polo tecnologico è la proposta che va per la maggiore. Il rischio è che si tratti di un buon progetto immobiliare con scarso apporto a ricerca e tecnologia

di Roberto Camagni, Arcipelago Milano


Sappiamo bene che la politica ha bisogno di parole d’ordine efficaci e ben comprensibili e dunque comprendiamo come, nel caso del riuso delle aree Expo, si sia rapidamente impossessata di un’idea come quella di localizzarvi un nuovo Polo Tecnologico al servizio dello sviluppo dell’intera regione settentrionale, e come un altrettanto rapido consenso di stampa e di opinione pubblica sia subito seguito. Tuttavia sembra necessario prestare una attenzione particolare a questo tema perché questa parola d’ordine – a mio avviso molto coerente e opportuna nel caso in esame – si è prestata molte volte, non solo in Italia e non solo a Milano (ricordate il progetto del Polo tecnologico alla Pirelli Bicocca negli anni ’80?) a nascondere obiettivi assai diversi, in genere di natura meramente immobiliare, o a realizzare progetti anche non sbagliati ma assai distanti da quelli inizialmente sbandierati.

Milano e la Lombardia con Piemonte e Liguria si presentano certamente come le regioni più avanzate in senso tecnologico e di ricerca in Italia. Tuttavia anch’esse scontano la debolezza di un sistema paese che non investe a sufficienza. In una recente ricerca che abbiamo condotto al Politecnico di Milano per l’Unione Europea su Knowledge, Innovation and Territory – KIT (1), queste tre regioni appaiono assai distanziate dalle regioni che in Europa mostrano le migliori pratiche in questo ambito. Esse non fanno parte di un primo gruppo di regioni che abbiamo classificato come ‘science-based‘ e neppure di un secondo gruppo che abbiamo classificato come ‘applied science‘, tutte localizzate nel centro e nord-Europa.

Le abbiamo classificate – in base a una serie di indicatori sia di investimento in ricerca, sia di innovazione che di vantaggi competitivi di contesto – come regioni di ‘smart technological application‘: regioni che applicano in modo creativo e intelligente i risultati di ricerche di base e di ricerche applicate realizzate per la maggior parte all’estero, attraverso forme diverse di cooperazione e trasferimento tecnologico. Ciò non significa che il risultato economico di questi processi non possa essere anche più che rilevante e profittevole, e anche fonte di un interessante flusso di brevetti applicativi, ma che certamente sul lungo periodo rimarremo sempre ampiamente tributari del lavoro di ricerca altrui.

"Milano e la Lombardia si presentano come le regioni più avanzate in senso tecnologico e di ricerca in Italia. Ma scontano la debolezza di un sistema paese che non investe a sufficienza

Milano presenta uno dei contesti più favorevoli e vantaggiosi per localizzare e concentrare uno sforzo di investimento, anche nazionale, sui temi della ricerca e della tecnologia e già un vasto hinterland padano si rivolge alle sue istituzioni universitarie e di ricerca – in particolare a quella in cui io opero, il Politecnico di Milano, con il suo Poli-hub, il suo Ufficio di Trasferimento Tecnologico – TTO, il CEFRIEL, le sue molte iniziative di spin-off universitario e di start-uptecnologiche – per alimentare in termini di conoscenza e di tecnologia il suo enorme potenziale imprenditoriale. Inoltre l’area Expo presenta, almeno a livello macro-territoriale, una rilevante accessibilità: alla città, all’hinterland nord-occidentale e al sistema aeroportuale lombardo (per l’accessibilità a livello micro-territoriale si vedano comunque i limiti indicati recentemente da Giorgio Goggi su ArcipelagoMilano).

Allo stato attuale, quello che viene presentato come un progetto di Polo Tecnologico ha bisogno di essere orientato in modo assai più deciso e convincente verso un obiettivo di vera ricerca. Occorrerebbe, anche grazie all’intervento del governo che giudico cruciale, un progetto simile a quello che è stato oltre dieci anni fa la costituzione e il decollo dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, che si è imposto come una delle realtà più avanzate in campo internazionale nella ricerca di base e applicata in campi ad alto contenuto etico come l’ambiente e la sanità; un progetto per Milano, magari appoggiato su solide istituzioni già presenti. 

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Fonte: Linkiesta.it

Gli Stati Uniti manderanno un nucleo di forze speciali in Siria

Barack Obama a Chicago, il 27 ottobre 2015. (Jonathan Ernst, Reuters/Contrasto)

Il presidente statunitense Barack Obama manderà decine di consiglieri militari delle forze speciali in territorio siriano per assistere i gruppi di ribelli moderati che combattono contro i jihadisti dello Stato islamico.

Anche se l’operazione riguarderà un nucleo di decine di militari, si tratta di un importante cambio di strategia per Obama, che in uno storico discorso del settembre del 2013 aveva assicurato che non avrebbe mai messo “gli scarponi sul terreno” in Siria e ha successivamente assunto la guida della coalizione internazionale che bombarda dal cielo gli obiettivi dello Stato islamico e, più raramente, del Fronte al Nusra legato ad Al Qaeda, oltre ad appoggiare le forze curde che combattono contro i jihadisti nel nord.

Di recente, il Pentagono ha interrotto un programma da 500 milioni di dollari con cui era riuscito a formare solo poche decine di ribelli. Il segretario di stato John Kerry sta partecipando in queste ore ai negoziati internazionali di Vienna, dove diciassette paesi sono riuniti con le Nazioni Unite e l’Unione europea per trovare un accordo che possa mettere fine ai combattimenti in Siria e definisca le sorti dell’attuale regime del presidente Bashar al Assad.

Secondo fonti del congresso statunitense, il contingente pronto a partire consisterebbe in meno di 60 unità dei reparti scelti, che avranno compiti di consulenza e assistenza alla logistica per i gruppi moderati che si oppongono ad Assad e allo Stato islamico, già armati ed equipaggiati dagli Stati Uniti.

La lotta ai jihadisti sarà rafforzata anche sul fronte iracheno, dove il Pentagono ha portato avanti in questo periodo “consultazioni” con il primo ministro Haider al Abadi per mettere in piedi una task force incaricata delle operazioni speciali, con un numero imprecisato di forze statunitensi che “rafforzeranno la capacità irachena di colpire i capi e le reti dello Stato islamico” lungo il confine tra Siria e Iraq, come hanno riferito fonti militari al Guardian.

Le forze in questione saranno appoggiate da uno schieramento ulteriore di caccia e aerei da combattimento nella base aerea della Nato di Incirlik, in Turchia, con un impegno senza precedenti delle forze statunitensi nell’area. Dall’inizio di ottobre la Russia ha cominciato a bombardare le forze di opposizione al regime di Assad in Siria. Tra gli obiettivi colpiti ci sono anche i gruppi ribelli appoggiati dagli Stati Uniti.

Fonte: Internazionale

Bombardato il mercato di Douma a Damasco

Le vittime accertate sarebbero almeno 57, centinaia i feriti. L'attacco arriva mentre sono in corso a Vienna i colloqui di pace sulla Siria

Un uomo porta in braccio un ferito durante un bombardamento a Damasco. Credit: Bassam Khabieh

Il mercato di Douma, un sobborgo di Damasco è stato bombardato dall'esercito siriano. Le vittime sarebbero almeno 57 e centinaia i feriti.

Un testimone intervistato da Al Jazeera ha raccontato "gli attacchi arrivano a intervalli di dieci minuti. Vengono lanciati missili sia da terra, sia dall'aria. Almeno 45 persone sono morte, ma ci aspettiamo che il numero aumenti".

L'attacco arriva mentre a Vienna sono in corso i colloqui di pace sulla Siria.

(Un video con immagini estremamente cruente sui bombardamenti nel sobborgo di Douma a Damasco è stato pubblicato dal gruppo Syrian revolution coordinators union)



Fonte: The Post Internazionale

giovedì 29 ottobre 2015

Cosa vuol dire davvero “capitale morale”?

L'espressione più citata dai giornali di oggi – che ha riaperto la discussione sulle differenze tra Roma e Milano – ha una lunga storia: e fino a qualche tempo fa aveva un altro significato


La maggior parte delle prime pagine dei giornali di oggi riporta nei titoli di apertura le parole del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, che ha definito Milano «capitale morale» del paese, criticando Roma che «non sta dimostrando di avere gli anticorpi morali di cui ha bisogno e che tutti ci auguriamo recuperi». Cantone ha fatto un paragone tra le due città facendo riferimento alla corruzione, ai due grandi eventi che sono in corso o che cominceranno a breve (Expo a Milano e il Giubileo a Roma) e alla situazione politica in generale: ha usato un’espressione piuttosto nostalgica – “capitale morale” – che ha origini precise ma che non aveva all’epoca alcun riferimento “etico”, e ha riportato la discussione (almeno quella giornalistica) su una rivalità costante, a volte implicita a volte esplicita, ma anche piuttosto surreale.

“Capitale morale”
Milano fu la capitale della Repubblica Cisalpina e dell’Italia napoleonica, ma mai capitale dell’Italia intesa come Regno dal 1861 e poi come Repubblica. In epoca napoleonica, nel ballottaggio tra Venezia e Milano, i francesi scelsero Milano spostando da quelle parti la banca (il Monte Napoleone) e celebri opere d’arte prima conservate in Veneto. La stessa scelta venne fatta dagli Asburgo ma i Savoia, una volta raggiunta l’Unità, stabilirono la capitale a Torino. Milano nel frattempo si stava industrializzando: lo storico Renzo De Felice ne parlò come di «un’instancabile incubatrice del nuovo che nasce nel Paese». Nel 1881 venne organizzata l’Esposizione Nazionale Industriale che celebrò il primato di Milano nello sviluppo del paese.

Risale a quel periodo la definizione di Milano come “capitale morale”: l’espressione viene attribuita a Ruggero Bonghi, giornalista napoletano che in quegli anni dirigeva il quotidiano milanese La Perseveranza. Questo ruolo venne riconosciuto alla città da numerosi intellettuali e scrittori dell’epoca. Solo nel 1881 furono ben due i testi pubblicati e intitolati “I dintorni di Milano” scritti da due dei maggiori autori di quegli anni, Emilio De Marchi e Giovanni Verga (che definì Milano «la città più città d’Italia»).

La “moralità” a cui si faceva riferimento all’epoca – come ha precisato la studiosa Giovanna De Rosa, autrice di un saggio intitolato “Il mito della capitale morale” – non aveva però a che fare con l’etica, ma derivava dal fatto che Milano si stava imponendo come guida effettiva (dal punto di vista economico e culturale) e non ufficiale del paese. Nel corso del tempo questo significato è però cambiato, l’etica ha cominciato a essere al centro della definizione, e il primato di “capitale morale” affidato a Milano, nel racconto giornalistico e simbolico, è venuto meno quando nel 1992 cominciarono le inchieste sulla corruzione note come Tangentopoli. Per capirci: si diceva “capitale morale” come oggi si dice “vincitori morali” (quelli che hanno perso ma avrebbero meritato di vincere) e non nell’accezione di “questione morale” (cioè etica).

Il parallelismo
Il confronto tra Milano e Roma – per come è stato presentato nelle frasi di Cantone, e per come è stato raccontato in gran parte dai giornali – sembra accettare definitivamente la trasformazione del significato dell’espressione, da guida “di fatto” a “città del buon esempio” per il paese. Va comunque tenuto presente che non esiste una definizione esatta di questa espressione, che i suoi i contorni sono sfumati e opinabili e che il tema del degrado – esteriore e istituzionale – di Roma è talmente vasto, vecchio, abusato da essere utilizzato spesso come un luogo comune (per quanto in certi casi fondato).

Al di là di alcuni parallelismi improbabili e di chi ci sguazza – il Corriere ha aperto per esempio un sondaggio che chiede tra l’altro di votare il Cenacolo o il Giudizio Universale, Dario Fo o Gigi Proietti – diversi giornali presentano una serie di dati oggettivi: Roma ha una popolazione di 2.869.169 residenti e Milano ne ha poco meno della metà; il reddito imponibile pro capite a Roma è 24.555 euro e a Milano 29.803; la metropolitana di Roma è lunga 60 chilometri e a Milano – che è dieci volte più piccola – 96,9 chilometri; le rapine ogni 100 mila abitanti a Roma sono 93 e a Milano 136; il superamento della soglia di pericolosità di sostanze inquinanti nell’aria a Milano nel 2014 è avvenuto molto più spesso che a Roma.

Tra questi dati, però, l’unico utile per stabilire se Milano sia ancora o sia tornata ad essere la “capitale morale” del paese è quello sui livelli di corruzione. Secondo i dati raccolti dal Corriere della Sera e pubblicati oggi, a Roma dal 2013 e fino al primo semestre del 2014 il numero degli arrestati e indagati per corruzione è aumentato, mentre a Milano è diminuito.

La politica
Le due città stanno vivendo periodi molto diversi anche dal punto di vista politico. Le ultime vicende di Roma sono piuttosto note: Ignazio Marino si è dimesso (o forse no) dopo due anni di mandato. In due anni ha cambiato la giunta per tre volte dopo aver perso, per dimissioni spontanee o richieste, otto assessori su dodici. Le dimissioni gli sono state richieste dal suo stesso partito, il PD; il PD romano dopo l’inchiesta “Mafia Capitale” è stato commissariato e da circa un mese l’ormai ex sindaco era stato affiancato nell’amministrazione della città dal prefetto Franco Gabrielli.

La situazione di Roma poi è particolarmente complicata da anni, a causa soprattutto dei problemi nei trasporti pubblici e della problematica gestione dei rifiuti: a tutto questo va aggiunto il Giubileo straordinario che inizierà tra soli due mesi e che rende la situazione in generale ancora più precaria. Prima di Marino ci sono state le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto Gianni Alemanno, quelle sulla cosiddetta “parentopoli” nelle società municipalizzate e quella del 2012 sul tesoriere della Margherita, Luigi Lusi. C’è stato l’arresto di Samuele Piccolo, vicepresidente del Consiglio comunale con il PdL, accusato di associazione a delinquere e finanziamento illecito ai partiti; c’è stato l’arresto del consigliere regionale Franco Fiorito, sempre del PdL; c’è stato il crollo della giunta regionale di Renata Polverini per la questione dei rimborsi impropri ai consiglieri regionali.

La Stampa ricorda comunque che anche a Milano ci sono stati di recente diversi arresti e inchieste: se la giunta di Giuliano Pisapia ne è rimasta indenne, in regione ci sono ancora diversi problemi. A maggio del 2014 la procura di Milano aveva disposto l’arresto di sette persone accusate di corruzione nell’ambito di diverse attività legate a Expo 2015. Qualche mese dopo Antonio Acerbo, ex commissario per le opere infrastrutturali di Expo 2015, era stato arrestato con l’ipotesi di corruzione e turbativa d’asta. Lo scorso settembre quattro funzionari legati al settore dell’edilizia pubblica sono stati arrestati con l’accusa di associazione a delinquere e corruzione. Poi c’è la Regione, con le inchieste sulla sanità legate alla presidenza di Roberto Formigoni, quelle sulla vicenda delle raccomandazioni di due collaboratrici di Roberto Maroni e, infine, l’arresto dell’ex vicepresidente Mario Mantovani.

Fonte: Il Post

1.000 euro al minuto, la tariffa di Varoufakis

La Rai avrebbe sborsato 24mila euro per la partecipazione dell'ex ministro greco alla trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa. Alla faccia dei greci (e degli italiani)

Di Paolo Ribichini


Viva la sinistra, quella vera. Quella che “i soldi puzzano”, ma sempre quelli degli altri. Così, mentre i greci vengono chiamati a nuovi sforzi, mentre si vedono tagliare la sanità e il welfare, l’ideologo dello scontro con la Ue, il signor Yanis Varoufakis, già ministro dell’Economia nel primo governo Tsipras, quello duro e puro, va in tv, nella tv italiana e si fa pagare 1.000 euro al minuto. Per parlare di Grecia. Per parlare del suo popolo.

A peso d’oro. Era lo scorso 24 settembre. L’ex ministro greco ha intascato – legalmente, si badi bene – 24mila euro dalla Rai, per la sua partecipazione al programma radical-chic “Che tempo che fa”. A rivelarlo è stato lo stesso Varoufakis, sul suo blog. Il duro e puro della sinistra europea è stato costretto ad un’operazione trasparenza, dopo che il quotidiano britannico Daily Telegraph lo aveva attaccato per sue presunte partecipazioni a conferenze pagate a peso d’oro. Il giornale inglese sostiene che l’ex ministro abbia un vero e proprio tariffario per ogni evenienza: si andrebbe, secondo il quotidiano, dai 1.300 euro per una lezione all’università, fino a 55mila euro per una trasferta fuori dalla Ue.

Il regalo della Rai. Secondo quanto pubblicato dallo stesso Varoufakis, sono due le vere anomalie. Oltre alla partecipazione nella trasmissione di Fabio Fazio, l’ex ministro si sarebbe fatto pagare 28.800 euro per la partecipazione ad un convegno a Singapore. Per quanto riguarda la Rai, da Atene il celebre ospite ha viaggiato in prima classe e ha guadagnato, al netto delle imposte, 1.000 euro al minuto. Soldi degli italiani, soldi pagati anche con il canone Rai. E pensare che lo stesso Varoufakis è intervenuto recentemente alla Bbc (tv pubblica britannica) gratuitamente. Per fortuna che, però, c’è la Rai: nonostante abbia perso il suo posto al governo, l’ex ministro dell’Economia potrà continuare ad acquistare bellissime giacche di pelle e a guidare costose e potenti motociclette. Alla faccia dei greci (e degli italiani).

L’INTERVENTO DI VAROUFAKIS A CHE TEMPO CHE FA



Fonte: Diritto di critica

Il privilegio di lavorare


Mentre in Svezia si sperimenta la giornata di 6 ore lavorative, in Francia Alexandre de Juniac, amministratore delegato di Air France, si chiede che senso abbiano le 35 ore lavorative settimanali, la pensione e il diritto allo sciopero. I vertici di Air France si sono visti protagonisti di un’aggressione da parte dei dipendenti, a causa del piano di esuberi presentato dalla società. Non c’è che dire: in Francia gli animi sono esasperati e di fronte a quella che, a detta dei sindacati, appare un’ingiustizia, è venuto fuori l’animo giacobino dei nostri cugini d’oltralpe. Due mondi contrastanti ma appartenenti a quel gran progetto che dovrebbe essere l’Unione Europea.

Se consideriamo in Europa le zone che hanno subìto (o stanno attraversando) un periodo di crisi, prevale il modello francese, dove i diritti dei cittadini hanno una tendenza al ribasso. La tendenza è sempre più di guardare al profitto (se si guardano le società private) o ai conti in regola (se si guardano gli stati), che non agli elementi fondamentali che costituiscono queste le società private e gli Stati: i cittadini.

Inoltre, sia il profitto che i conti in regola, spesso non vengono applicati all’inverso, nel senso che non tutte le società hanno i conti in regola, così come non tutti gli Stati non guardano al profitto (nel senso buono si intende).

Riflettevo su questa osservazione: i conti in regola non sono stati la priorità di tante società private, in primis le banche. Pensate se a queste ultime fosse stato imposto lo stesso rigore nei conti che è stato imposto alla Grecia. La storia non si fa con i ‘se’, ma mi piace pensare che forse la crisi che ha affossato tanta gente si sarebbe potuta evitare. Così come il profitto per gli Stati, che tradotto dovrebbe significare benessere per tutti i cittadini. Invece assistiamo ad una politica dei numeri talmente fredda da essere troppo lontana dal calore umano. Il debito va ripagato, i parametri rispettati e poco importa se questo si tradurrà in meno servizi, scuole fatiscenti e sanità peggiore (solo per dirne alcune). In questo teatro si muove lo stato sociale europeo e poco importa se a pagarne le conseguenze non saranno i responsabili della crisi ma chi l’ha subita.
E’ risaputo che se si lascia passare il concetto: “meno diritti per tutti come unica via di uscita dalla crisi”, prima o poi ci sarà qualche amministratore delegato “gran farabutt” che partorirà la massima: “è un privilegio essere pagati per il lavoro”. Un attimo, dove l’ho sentita questa? Certo!! Il genio dello stato sociale è già tra noi! Si trova in tanti posti di lavoro sparsi per l’Italia, dove si pontifica che per fare un determinato lavoro bisogna avere il “fuoco sacro” e non è da tutti averlo, quindi si è dei privilegiati a svolgere il suddetto lavoro. Poi sull’essere pagati, magari nel tempo se ne parla, anche perché parlare di soldi è oltremodo volgare e chi ti deve pagare deve andare, perché ha gli amici sulla barca lo stanno aspettando.

Populismo a parte, quello che rimane è la voracità umana. Dalle guerre combattute con le armi, si è passati a combatterne di più violente con il denaro. Proprio lui, una delle nuove divinità del pantheon moderno. Troppo spesso usato come metro di giudizio nelle valutazioni umane: il possesso delle cose assurto a valore umano, rendendo di fatto l’uomo stesso “disumano”. La mia non vuole essere una invettiva contro il denaro, ma contro i valori distorti che ne hanno fatto diventare una divinità, e in questo Neil Gaiman con il suo American Gods è stato profetico.

Allora, se cercate un colpevole, non c’è che da guardarsi allo specchio.

Fonte: Botta di Classe

Al blogger saudita Raif Badawi il premio Sakharov per la libertà d’espressione

La moglie di Raif Badawi, Ensaf Haidar (al centro), durante una manifestazione di Amnesty international per chiedere la liberazione del blogger saudita, a Ottawa in Canada, il 29 gennaio 2015. (Chris Wattie, Reuters/Contrasto)

Il parlamento europeo ha assegnato il premio Sakharov per la libertà d’espressione del 2015 al blogger saudita Raif Badawi, 31 anni, arrestato nel 2012 per oltraggio all’islam e condannato a dieci anni di carcere, mille frustate e una multa equivalente a circa 240mila euro. Il presidente del parlamento Martin Schulz ha rinnovato un appello per il suo immediato rilascio al re saudita Salman. La cerimonia di consegna del premio avverrà a Strasburgo il 16 dicembre 2015.
Badawi era candidato da socialisti, conservatori e Verdi che hanno anticipato su Twitter l’annuncio ufficiale di Schulz in plenaria. L’aula del parlamento europeo ha salutato l’annuncio con una standing ovation.
Badawi è stato condannato per la creazione del sito Liberal Saudi network, un forum di discussione sul ruolo politico e sociale dell’islam in Arabia Saudita. In gennaio ha ricevuto le prime cinquanta frustate: il resto della pena è stato sospeso per ragioni di salute, ma a giugno la corte suprema saudita ha confermato la condanna nonostante le proteste della comunità internazionale. La moglie di Badawi, Ensaf Haidar, e i loro tre figli hanno ottenuto asilo politico in Canada nel 2013.

In settembre è stato pubblicato anche in Italia 1000 frustate per la libertà (Chiarelettere), un’antologia degli interventi online di Badawi che trattano di diversi temi, come l’estremismo religioso, la primavera araba, il ruolo delle donne nella cultura islamica, e il rapporto con gli occidentali.
Badawi ha già ricevuto diversi premi. All’inizio di ottobre Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia e ideatore di una campagna in supporto di Raif Badawi attraverso la fondazione Jimmy Wales, ha ritirato in sua vece il premio Pen Pinter: il blogger saudita ne è stato insignito insieme al poeta britannico James Fenton, che ha fatto il suo nome per ricevere il riconoscimento.

Il premio Sakharov, che deve il suo nome al fisico e dissidente sovietico Andrej Sakharov, è stato istituito nel 1988. Ogni anno viene consegnato a persone o organizzazioni che hanno contribuito alla lotta per i diritti umani e la democrazia. Gli altri candidati per il 2015 erano il movimento di opposizione venezuelano Mesa de la unidad democrática e il leader dell’opposizione russa Boris Nemtsov, assassinato il 27 febbraio di quest’anno.

Fonte: Internazionale

La Cina abbandona la politica del figlio unico

Per la prima volta dopo oltre trent'anni, sarà permesso alle famiglie cinesi di avere fino a due figli

Credit: Frederic J Brown

La Cina ha messo ufficialmente fine alla politica del figlio unico e permetterà alle famiglie cinesi di avere fino a due figli per la prima volta da oltre trent'anni, secondo quanto riportato dall'agenzia di stato cinese Xinhua.

Da molto tempo si parlava della possibilità di porre fine alla politica del figlio unico in Cina, introdotta nel 1980.

Con la politica del figlio unico, la popolazione cinese è invecchiata notevolmente negli anni e le Nazioni Unite stimano che entro il 2050 nel Paese ci saranno quasi 440 milioni di cittadini con più di 60 anni su un totale di 1,3 miliardi di abitanti.

Anche il numero delle persone in grado di lavorare è diminuito drasticamente nel corso degli ultimi anni.

Il tasso di natalità nel Paese ha raggiunto la cifra di 1,4 bambini per donna, ben al di sotto del tasso necessario per garantire un costante ricambio generazionale, pari a 2,1 per donna.

Secondo quanto stabilito dalla politica del figlio unico, le famiglie che vivono in città non possono avere più di un bambino e le coppie di campagna possono averne un secondo solo se il primo è una femmina. Le donne che appartengono a minoranze etniche invece possono avere due o tre bambini.

Il denaro è rimasto negli anni un elemento fondamentale per quel che riguarda la politica del figlio unico in Cina, dal momento che fino a oggi chi poteva permettersi di pagare le sanzioni previste, poteva anche avere un secondo o terzo figlio. La penalità per avere un secondo figlio era pari a 5.000 yuan, circa 710 euro.

Nel corso degli anni, la Cina ha evidenziato i vantaggi della politica del figlio unico. Gli oppositori di tale provvedimento sostengono che il numero delle nascite fosse già diminuito prima che entrasse in vigore. Sempre più spesso, tuttavia, anche coloro che erano favorevoli ritengono che non sia più necessaria.

La politica del figlio unico è effettivamente riuscita a rallentare la crescita della popolazione cinese. Tuttavia, affinché venisse rispettata, tale politica ha anche portato ad aborti forzati illegali.

Fonte: The Post Internazionale

mercoledì 28 ottobre 2015

Cosa diavolo sta facendo Marino?

Dopo le recenti dichiarazioni allusive – «Mi chiedete di ripensarci, non vi deluderò» – i giornali di oggi scrivono che il sindaco dimissionario di Roma ha deciso di ritirare le dimissioni

Ignazio Marino. (Vincenzo Livieri - LaPresse)

I giornali di oggi scrivono che Ignazio Marino ha intenzione di ritirare le sue dimissioni da sindaco di Roma. Marino ha annunciato le sue dimissioni l’8 ottobre e le ha formalizzate il 12. La legge prevede che «le dimissioni presentate dal sindaco diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al consiglio», Marino, che aveva alluso alla possibilità di ripensarci già quando aveva annunciato le dimissioni e lo ha fatto più volte in questi giorni, sarebbe quindi ancora in tempo per ritirarle. Secondo alcune voci circolate ieri, mai confermate ma abbondantemente raccontate dai giornali, già mercoledì o giovedì Marino revocherà le dimissioni. “Ha ormai deciso”, scrive oggi Repubblica.

Marino si è dimesso dopo due anni di mandato apprezzato da alcuni e giudicato fallimentare da altri. In due anni ha cambiato la giunta per tre volte dopo aver perso, per dimissioni spontanee o richieste, otto assessori su dodici. Lui non è mai stato coinvolto direttamente nelle inchieste giudiziarie sul ruolo della mafia in città ma è stato criticato per una sua generale inadeguatezza e impopolarità, e anche per episodi nei quali c’entrava poco o con motivazioni pretestuose, come le improbabili polemiche sulla sua Panda, di cui si parlò tuttavia lungamente su molti giornali. È capitato anche che lo stesso Marino abbia involontariamente aiutato i suoi critici con un atteggiamento non proprio conciliante, e a un certo punto è stato persino criticato dal Papa per la sua presenza negli Stati Uniti durante la sua visita. L’ultimo episodio, quello che poi ha portato alle dimissioni, ha riguardato una serie di accuse di scarsa trasparenza – e sospetti di peculato – riguardo alcune spese di modesta entità da lui sostenute con la carta di credito del Comune.

La legge prevede che nei 20 giorni che seguono alle dimissioni ufficiali il sindaco possa ancora revocarle: in quello stesso periodo sindaco, giunta e consiglio possono esercitare solo poteri di ordinaria amministrazione. Scaduti i 20 giorni le dimissioni diventano efficaci: si procede, in base all’articolo 141 del Testo unico sugli enti locali, allo scioglimento effettivo del consiglio e alla contestuale nomina di un commissario. Con le dimissioni del sindaco cadono infatti anche la giunta e tutte le altre cariche: i consiglieri comunali e – nel caso di Roma – anche i quattordici presidenti di Municipio, che in totale sono quindici (quello di Ostia era già stato sciolto per mafia). Marino tuttavia non ha interpretato questo periodo di 20 giorni come “ordinaria amministrazione”, almeno dal punto di vista politico: tra le altre cose ha firmato le controverse nomine di tre consiglieri d’amministrazione della Fondazione Musica per Roma e martedì inaugurando un viadotto in periferia ha detto: «Questa città ha patito corruzione e criminalità, noi abbiamo mostrato discontinuità. Domani apriremo due nuovi cantieri. Roma deve andare avanti». Lo scorso 23 ottobre Marino ha anche detto che forse si ricandiderà a sindaco di Roma, il 25 ottobre si è rivolto a un migliaio di suoi sostenitori e gli ha detto: «Voi mi chiedete di ripensarci. Io ci penso e non vi deluderò».

Secondo Repubblica, in questi giorni Marino ha continuato a sondare le opinioni dei suoi assessori chiedendogli conto delle loro intenzioni qualora lui decidesse di restare e apprendendo che solo tre sono favorevoli a questa soluzione; allo stesso modo, sempre secondo Repubblica, se lui dovesse ritirare le dimissioni 38 consiglieri comunali su 48 firmerebbero una mozione di sfiducia e 30 di questi si dimetterebbero, di fatto facendolo decadere. A dar retta ai giornali non si capisce però bene quale sia l’obiettivo finale di Marino: secondo alcuni vorrebbe solo avere “l’onore delle armi” da Matteo Renzi, presidente del Consiglio e segretario del PD, “al punto da vagheggiare una trasferta, domani notte in aeroporto, dove Renzi atterrerà al ritorno dalla missione in America Latina”; secondo altri, invece, intende arrivare a una specie di show-down, chiedere una riunione del consiglio comunale e – scrive il Corriere della Sera – “raccontare quanto fatto per sottolineare che la vicenda degli scontrini per la quale s’era dimesso è chiusa, e che l’eventuale scelta di farlo cadere è da ritenersi esclusivamente politica. Cioè, detto senza metafore: una precisa volontà del Partito democratico che pure lo ha eletto”.

Matteo Orfini, deputato del PD e commissario del partito a Roma, ha detto al Corriere che l’intera situazione «è un balletto ridicolo e sinceramente mi dispiace per Marino, credo stia facendo una figuraccia. Se Marino non ritira le dimissioni tanto meglio, se invece lo fa decideremo. Valuteremo quale sia la strada migliore da seguire ma l’esperienza di Marino è finita».

Fonte: Il Post

Una legge di stabilità dannosa


La legge di sta­bi­lità di Renzi si con­ferma ridicola e dannosa. Un misero impatto pari allo 0,3% infatti. è la forza espan­siva che il Cen­tro Studi di Con­fin­du­stria le rico­no­sce. Dato e non con­cesso che la stima sia atten­di­bile, non è dav­vero un granché.

Ma tra i post alti­so­nanti e il testo finale qual­cosa si è per­duto per strada. I punti chiave ridotti a 15mila rispetto ai 22mila ini­ziali. La Tasi viene rein­tro­dotta su ville e castelli, non­ché sulle abi­ta­zioni signo­rili se si tratta di prima casa. Ma i pos­ses­sori dei 74mila immo­bili citati godranno comun­que di uno sconto non da poco: quasi mille euro in media, in virtù della ridu­zione della ali­quota mas­sima. Non si sa ancora in quante tran­che verrà pagato il canone Rai, ma resta la misura di accor­parlo alle bol­lette elettriche.

Curiosa misura anti­e­va­siva per un governo che invece ha ele­vato il con­tante da mille a tre­mila euro e che minac­cia di difen­dere la misura pro-evasione a colpi di voti di fiducia.

Ma il piatto forte delle ultime ore è stato lo scon­tro sulla sanità. Il fondo per il Ser­vi­zio sani­ta­rio nazio­nale (Ssn) verrà incre­men­tato di un miliardo di euro invece che di tre. Ma non si sa se quell’aumento com­pren­derà i nuovi Lea (livelli essen­ziali di assi­stenza) o no; se è già com­preso l’aumento con­trat­tuale per il per­so­nale medico o meno; che ne sarà dei far­maci inno­va­tivi. Incer­tezze non da poco, per­ché quel miliardo potrebbe risul­tare del tutto insuf­fi­ciente. In que­sto caso le Regioni dovreb­bero aumen­tare i tic­ket, già robu­sti e salati.

Prov­ve­di­mento quanto mai impo­po­lare, che aumen­te­rebbe la rinun­cia alla cura e alle pre­sta­zioni del ser­vi­zio sani­ta­rio pub­blico da parte di ampi strati della popo­la­zione dotati di minore red­dito, come già met­tono in rilievo diverse inda­gini e ricerche.

Ipo­cri­sia a palate, come si vede. Da un lato il governo si fa vanto della revi­sione della Costi­tu­zione che dote­rebbe il paese di un Senato delle auto­no­mie. Dall’altro, alla prima occa­sione, svela la vera natura accen­tra­trice e neo­cen­tra­li­stica di quella scia­gu­rata con­tro­ri­forma – che ci augu­riamo di can­cel­lare nel refe­ren­dum dell’anno pros­simo – riba­dendo la subor­di­na­zione delle Regioni. Il tutto men­tre la spesa sani­ta­ria ita­liana rimane a un livello infe­riore rispetto a molti paesi della Ue, mal­grado que­sta mano­vra finan­zia­ria. La stessa Corte dei Conti ha rico­no­sciuto al Ssn di avere con­tri­buito non poco al risa­na­mento dei conti pubblici.

Non è una novità. Suc­cede così da anni con il sistema pen­sio­ni­stico dei lavo­ra­tori dipen­denti. Ovvero i prin­ci­pali isti­tuti del wel­fare state sono finan­zia­tori dello Stato, più che essere finan­ziati dal mede­simo o quanto meno pro­ta­go­ni­sti di una ridu­zione del suo defi­cit. Poi­ché il ricamo della spen­ding review si è rive­lata un fal­li­mento e anche Perotti, il terzo della serie, è pro­cinto di get­tare la spu­gna, Renzi usa la scure.

Dimi­nu­zione di spesa sociale e dimi­nu­zione delle tasse per i ceti più abbienti sono dun­que le reali colonne della cosid­detta mano­vra espan­siva di Renzi. La rac­co­man­da­zione della Com­mis­sione euro­pea a pro­po­sito della neces­sità di dimi­nuire la pres­sione fiscale sulle imprese e sul lavoro può creare qual­che fri­zione, ma può essere aggi­rata dal fatto che comun­que agli impren­di­tori il governo ha già dato non poco con gli incen­tivi del Jobs Act. Renzi ha par­lato di un’opposizione a pre­scin­dere. Al con­tra­rio qui c’è un over­dose di mate­riale su cui opporsi e con­tro cui costruire un’alternativa.

Gerd Dani

Fonte: FREE ITALIA

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Il progresso è cancerogeno


Di Marco Cedolin

Se c'è una cosa che nel nuovo millennio, imbevuto di progresso e sviluppo come un babà al rum, sta diventando sempre più complessa ed inarrivabile, questa è l'apirazione di riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena, possibilmente senza svuotare il portafoglio nelle prime due settimane del mese, senza avvelenarsi e mantenendo in vita almeno un embrione di quella sottile linea che separa il gustare il cibo dall'ingurgitarlo semplicemente per mere ragioni di sopravvivenza.
Del problema di allestire il desco dal punto di vista economico abbiamo già dissertato spesse volte su queste pagine, arrivando alla conclusione che il progresso e lo sviluppo sono ipocalorici e assai poco funzionali al sostentamento del corpo, prima ancora che dell'animo.
Sul problema di non avvelenarsi riteniamo valga la pena di spendere qualche parola, alla luce della campagna di terrore messa in atto dall'universo mediatico, dopo che l'OMS ha inserito le carni rosse e lavorate nel novero delle sostanze cancerogene, alla stessa stregua del fumo e dell'alcool.....

Ammesso e non concesso che gli esperti ed i soloni della medicina siano in grado d'individuare con sicurezza le cause di una malattia che fondalmentalmente non conoscono e non sono in grado di curare, dovrebbe essere evidente a tutti che il problema non riguarda la carne in quanto tale, dal momento che gli uomini la mangiavano fin dalla notte dei tempi, quando il cancro (malattia della modernità per eccellenza) neppure esisteva. Il problema semmai è costituito dalle sostanze che vengono usate per alimentare il bestiame, dallo stato d'inquinamento in cui versano i pascoli e dagli adittivi utilizzati per conservare le carni e gli insaccati, al fine di renderli fruibili per il sistema di grande distribuzione al quale il progresso ci ha ormai abituato.

Alla luce di questa considerazione, senza dubbio le carni e gli insaccati presenti all'interno degli ipermercati (e non solo) tossici lo sono sicuramente, ma senza ombra di dubbio non solamente le carni rosse e gli insaccati, bensì anche quelle bianche, le verdure, la frutta, i vini, le bevande, fino ad arrivare all'acqua del rubinetto che in molti casi è più tossica di tutto il resto.
Questo non perché gli alimenti succitati siano tossici o cancerogeni in quanto tali, bensì in quanto i mangimi con cui viene allevato il bestiame sono tossici, i terreni in cui vengono coltivate le verdure e la frutta o gli animali brucano risultano pesantemente inquinati, gli adittivi chimici usati per la conservazione e l'insaporimento dei cibi contengono elementi ad alta tossicità e via discorrendo.

Ad essere tossico è cancerogeno, con buona pace delle diatribe stantie fra vegetariani e carnivori, è il modello di sviluppo che ci è stato imposto ed abbiamo abbracciato in fondo senza farci troppe domande. Gli isterismi collettivi come quello attualmente in atto (una caduta nelle vendite di carni rosse ed insaccati del 20% in soli 2 giorni) sono semplicemente parte del disegno dell'elite mondialista che ha in progetto di cambiare gli orientamenti alimentari della popolazione, indirizzandoli dove può ottenere i maggiori profitti, magari inducendo il "popolo bue" a credere che cibarsi di bacarozzi o escrementi riciclati possa rappresentare un'esperienza maggiormente salutare ed edificante.

A prescindere dal fatto che si sia carnivori o vegani, a meno di possedere un conto in banca con davvero tanti zeri, si continuerà ad allestire (quando ci si riesce) un desco infarcito di alimenti tossici e probabilmente cancerogeni, quale che ne sia il suo contenuto, così come si continuerà a respirare aria pesantemente inquinata e con tutta probabilità altrettanto cancerogena, anche se un giorno non esistesse più la Volkswagen.

Fonte: IL CORROSIVO di marco cedolin

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La polizia turca ha occupato due tv alla vigilia delle elezioni

Le manifestazioni contro il commissariamento del gruppo editoriale Koza İpek a Istanbul, in Turchia, il 27 ottobre 2015. (Ozan Kose, Afp)

La polizia turca ha preso il controllo stamattina della regia di due emittenti private vicine all’opposizione, Bugün tv e Kanaltürk, di proprietà del gruppo Koza İpek. In diretta tv, gli agenti hanno prima disperso con i lacrimogeni e pistole ad acqua i dipendenti che cercavano di difendere l’ingresso della sede di Istanbul che ospita le due televisioni, per poi occupare i locali delle redazioni e della regia insieme agli amministratori nominati dal tribunale.

Il gruppo editoriale è stato messo sotto tutela dalla magistratura perché accusato di finanziare, reclutare e fare propaganda per conto del magnate e imam Fethullah Gülen, a capo di una rete di ong e mezzi d’informazione definita un’“organizzazione terroristica” dalle autorità di Ankara.

La settimana scorsa le autorità turche avevano annunciato l’interruzione delle trasmissioni di sette canali di opposizione dall’operatore satellitare di stato Türksat. Ora la censura colpisce la holding che controlla il gruppo editoriale di cui fanno parte i quotidiani Bugün e Millet e i canali Bugün tv e Kanaltürk.

Ex alleato del presidente Recep Tayyip Erdoğan, Gülen è diventato il suo principale avversario politico ed è accusato di aver creato uno “stato parallelo” con l’intenzione di rovesciare il presidente attraverso false rivelazioni sulle presunte tangenti intascate da vari ministri poi costretti alle dimissioni nel dicembre del 2013. Gülen vive negli Stati Uniti dal 1998.

La polizia ieri ha fatto incursione nella sede della Koza İpek per notificare il provvedimento del tribunale di Ankara che ne affidava la gestione a un’amministrazione controllata. L’iniziativa ha scatenato le proteste delle associazioni di giornalisti turchi e dell’opposizione. Diversi osservatori internazionali, come l’ambasciata statunitense ad Ankara, hanno espresso preoccupazioni sul clima politico alla vigilia delle importanti elezioni politiche anticipate di domenica 1 novembre.

Il rischio per la libertà di espressione nel paese è confermato anche da un’altra notizia pubblicata dal quotidiano Hürriyet, secondo cui la magistratura turca ha aperto un fascicolo per “insulti” a Erdoğan a carico di due ragazzi di 12 e 13 anni, accusati di aver stracciato una locandina col ritratto del presidente.

La procura di Diyarbakır, nel sudest del paese, avrebbe chiesto per i due imputati pene dai quattordici mesi ai quattro anni e otto mesi di carcere, in virtù del discusso articolo 299 del codice penale (vilipendio al presidente), che era stato introdotto subito dopo la soppressione dell’articolo 301 (insulto alla nazione turca), abrogato nel 2008 in conformità ai criteri di avvicinamento all’Unione europea.

Non è la prima volta che dei minorenni rischiano il carcere per questo motivo e il 9 ottobre scorso – sempre con l’accusa di vilipendio – era stato arrestato il caporedattore del quotidiano Zaman, Bülent Kenes. Dal 2014 quasi trecento tra giornalisti e blogger sono stati incriminati con lo stesso capo d’imputazione.

Fonte: Internazionale

L'Iran parteciperà ai negoziati per la pace in Siria

È la prima volta che un rappresentante iraniano prenderà parte agli incontri sulla risoluzione del conflitto civile siriano, che ha provocato oltre 250mila vittime

Un ribelle siriano a Damasco, il 15 settembre del 2013. Credit: Reuters

Il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif parteciperà ai colloqui internazionali sul futuro della Siria in programma giovedì 29 ottobre a Vienna.

È la prima volta che un rappresentante diplomatico iraniano prenderà parte agli incontri sulla risoluzione del conflitto civile siriano, che va avanti dal 2011 e che finora ha provocato oltre 250mila vittime e circa 11 milioni di sfollati.

Il 27 ottobre gli Stati Uniti avevano riferito di aver invitato Teheran a partecipare ai negoziati sulla risoluzione del conflitto civile siriano.

L'Iran è molto vicino al presidente siriano Bashar al-Assad e nel corso degli ultimi quattro anni ha investito miliardi di euro per sostenerlo attraverso l'invio di armi e consiglieri militari.

Il governo di Teheran ha recentemente stretto importanti contatti anche con la Russia, che a fine settembre 2015 ha intrapreso una campagna militare contro le postazioni strategiche dell'Isis in Siria.

Il coinvolgimento russo nei bombardamenti in Siria contro il sedicente Stato islamico, tuttavia, è stato in realtà interpretato da alcuni osservatori come un modo per riuscire a sostenere il regime siriano colpendo i ribelli anti-Assad.

Proprio per questi motivi il ruolo di Teheran nei colloqui sul futuro della Siria è molto importante. Secondo l'amministrazione Obama, la fine del regime di Assad è fondamentale al fine di trovare un accordo di pace, diversamente da quanto sostiene invece il governo russo.

Al vertice sui colloqui di pace parteciperanno il segretario di Stato americano John Kerry, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e i rappresentanti diplomatici di Arabia Saudita e Turchia. Potrebbero essere coinvolti anche funzionari provenienti da Egitto, Iraq e Libano.

Fonte: The Post Internazionale

martedì 27 ottobre 2015

Cosa dice esattamente il rapporto dell’OMS

Un po’ di risposte sulla carne e il cancro: mangiare bacon è davvero pericoloso quanto fumare? Cosa si intende per "carni lavorate"? Pollo e pesce sono ok?

di Emanuele Menietti

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, prepara una bistecca per un barbecue alla Casa Bianca, Washington, DC, Stati Uniti - 19 giugno 2009 ( SAUL LOEB/AFP/Getty Images)

Lunedì 26 ottobre la IARC, un’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha annunciato che ci sono “prove consistenti” circa l’aumento del rischio legato ai tumori per chi consuma carni rosse e lavorate. Il rapporto potrà essere utilizzato dall’OMS per creare nuove linee guida, ma nel frattempo ha generato molta confusione e qualche allarmismo, soprattutto a causa delle semplificazioni dei giornali. Abbiamo messo insieme una serie di domande e risposte per capire che cosa dice davvero il rapporto e se ci sia motivo di essere preoccupati (spoiler: non più di tanto).

Che cos’è la IARC?
L’International Agency for Research on Cancer è un’agenzia intergovernativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha sede a Lione in Francia e ha il compito di dare le linee guida sulla classificazione del rischio legato ai tumori di sostanze chimiche e agenti fisici.

Cosa si intende con “rischio”?
In generale indica la probabilità che si verifichi un evento. Si parla di rischio assoluto quando viene indicata la possibilità che qualcosa succeda in un certo periodo di tempo, come la probabilità teorica per ogni persona di avere una diagnosi di cancro nel corso della vita, quindi in un intervallo di tempo che di solito è tra gli 0 e gli 84 anni. C’è poi il rischio relativo, che indica invece l’aumento o la riduzione della probabilità di ammalarsi per chi ha già fattori di rischio, come una predisposizione genetica. Le misure di questo tipo sono ipotetiche e servono soprattutto per rendere comprensibile la rilevanza di certi tipi di tumore su altri.

Quando parla di “carni rosse”, che cosa intende la IARC?
Fa riferimento a tutte le carni di mammiferi che la maggior parte della popolazione mondiale mangia: bovini, suini, ovini ed equini (quindi vitelli, vacche, maiali, capre, pecore, cavalli, ecc.).

E con “carni lavorate” la IARC cosa intende?
Indica tutti i tipi di carne che subiscono una lavorazione, spesso con processi di salatura, affumicatura e stagionatura, talvolta con l’aggiunta di conservanti. Tra i prodotti di questo tipo ci sono i würstel, i prosciutti, le salsicce, carne in scatola, carne essiccata, ecc.

Carni rosse e lavorate fanno venire il cancro?
La IARC ha concluso che “ci sono prove convincenti” sul fatto che le carni lavorate aumentino il rischio di contrarre il cancro. Significa che, sulla base di diversi studi scientifici pubblicati in passato, sono stati identificati legami certi tra il consumo di quei prodotti e l’insorgenza di alcuni tipi di tumore. Sulle carni rosse il legame è meno evidente, allo stato delle ricerche, e per questo motivo la IARC ha definito bistecche e compagnia “probabilmente cancerogene”.

C’è un limite alla carne lavorata che posso mangiare per evitare il cancro?
È impossibile dare una risposta certa, perché spesso ci sono più cause che concorrono alla formazione di un cancro in un individuo, non solo alimentari ma anche ambientali e legate alla genetica e allo stile di vita in generale. La IARC ha trovato prove consistenti circa il fatto che un consumo giornaliero di 50 grammi di carni lavorate (più o meno un paio di würstel di piccole dimensioni) può aumentare il rischio di contrarre un tumore al colon del 18 per cento.

Quindi se mangio molte carni lavorate ho quasi una probabilità su cinque di avere il cancro al colon?
NO. Il 18 per cento di aumento di cui parla la IARC è riferito al rischio stesso di ammalarsi di tumore al colon nella propria vita. Nei paesi occidentali il rischio individuale è di suo intorno al 5 per cento nel corso di una vita, il 18 per cento in più porta a circa il 6 per cento il rischio.

E mangiando carni rosse cosa rischio?
Gli studi in merito fatti negli ultimi anni non hanno permesso di identificare legami certi tra consumo di carni rosse e tumori, anche se ci sono comunque molti indizi. Per questo motivo la IARC ha concluso che le carni rosse sono “probabilmente cancerogene”: molto sembra dipendere da come sono cucinate, oltre che dalla quantità consumata. Indicativamente, se si mangiano 100 grammi di carne rossa al giorno si ha un rischio comparabile a quello comportato dalle carni lavorate.

Il modo in cui cucino le carni rosse è influente?
La cottura ad alta temperatura in generale, come in padella o a diretto contatto con la fiamma (barbecue), è nota per produrre alcuni agenti chimici cancerogeni. La IARC non ha però trovato dati sufficienti per concludere se ci sia un modo più sano di un altro di cuocere la carne, così come non ne ha trovati su eventuali minori rischi legati al consumo di carne cruda.

Bambini e anziani sono più a rischio?
Non ci sono a oggi dati consistenti per stabilire se il consumo di carni rosse e lavorate influisca sul rischio per particolari gruppi di persone.

Ci sono carni rosse più sicure di altre per la salute?
Anche se alcuni ricercatori si sono occupati del tema, per ora è impossibile stabilirlo con certezza. Non è nemmeno possibile dire se ci siano carni lavorate più sicure in base al metodo in cui vengono preparate e conservate.

Ho sentito dire che mangiare carni rosse o lavorate è pericoloso quanto fumare, è vero?
NO, è una semplificazione dei media dovuta in parte a come funzionano i sistemi di classificazione della IARC, non così immediati da comprendere. Per fare ordine tra le varie sostanze che analizza, l’agenzia usa da tempo 5 categorie nelle quali inserisce le sostanze in base alla consistenza delle prove raccolte sul loro essere cancerogene. Le categorie indicano unicamente quanto è concreto un legame causale tra una sostanza e almeno un tipo di tumore: non dicono nulla sulla scala del rischio o sulla pericolosità, servono solo per dire “gli scienziati finora hanno appurato queste cose”. Fatta questa premessa, vediamo dove sono carni lavorate e carni rosse nella classifica della IARC e che c’entrano le sigarette.

Le carni lavorate rientrano nella Categoria 1, insieme al fumo, all’alcol e alla luce solare: sono agenti per i quali è stato rilevato un legame causale tra esposizione e lo sviluppo di tumori. I ricercatori sanno da tempo che un’esposizione prolungata e senza protezioni ai raggi solari causa tumori della pelle, così come sanno che il fumo può causare tumori ai polmoni (e malattie cardiovascolari, ma questa è un’altra storia). Ovviamente il livello di pericolosità dei raggi del sole non è uguale a quello del fumo e lo stesso vale per le carni lavorate, da poco nella Categoria 1.

Le carni rosse sono invece finite nella Categoria 2A, insieme agli steroidi, alla cottura tramite frittura e a diversi prodotti utilizzati per la cosmesi dei capelli: si tratta di agenti “probabilmente cancerogeni” sulla base di prove “limitate” negli esseri umani e di evidenze più consistenti ottenute nei test su animali.

Quindi mangiare bacon non è pericoloso quanto fumare?
Ogni essere umano è una storia a sé, come ci insegna “quello zio che fumava come un turco e ha campato cent’anni”, ma questo non vuol dire che non si possano assumere comportamenti più responsabili per ridurre i rischi e stare meglio. Si stima che il consumo di carni lavorate abbia causato nel 2013 la morte di 34mila persone in tutto il mondo, mentre il fumo ne abbia causate un milione. Attenzione, però: parliamo di morti solo di cancro, poi ci sono tutti quelli che sviluppano altre patologie all’apparato cardiocircolatorio e ad altri organi a causa dei componenti delle sigarette o dei grassi saturi contenuti nelle carni lavorate. Sempre di cancro, muoiono circa 600mila persone per tumori collegati al consumo di alcol e 200mila all’inquinamento atmosferico.

Smetto di mangiare carni rosse e lavorate?
La IARC presenta le evidenze scientifiche, ma non dà indicazioni sulle politiche sanitarie da attuare, che spettano esclusivamente all’OMS e ai governi nazionali. Nel 2002 l’OMS aveva già consigliato di limitare il consumo di carni lavorate per ridurre il rischio di contrarre un tumore al colon, così come esistono da tempo studi e raccomandazioni di vari governi sul tema, ma più che altro per ridurre l’assunzione di sostanze che causano malattie cardiovascolari. La IARC dice solo che “le persone preoccupate dal cancro possono prendere in considerazione una riduzione dei loro consumi di carni rosse e lavorate fino a quando non ci saranno linee guida” sul tema. Diciamo che, sulla base dei molti studi che hanno portato al rapporto della IARC e di quello che hanno scoperto, in linea di massima se mangi molta carne rossa o carne lavorata potrebbe essere saggio ridurne un po’ le quantità.

Pollo e pesce sono sicuri?
Carni di questo tipo non sono state valutate dalla IARC, quindi non possono essere definite più o meno sicure rispetto alle altre. È bene sempre ricordare che si parla di rischi legati al cancro, non di altre malattie.

Se divento vegetariano sto tranquillo?
È impossibile dirlo: al di là delle sue possibili motivazioni etiche, una dieta senza carne ha vantaggi e svantaggi rispetto a una classica dieta che non esclude alcun alimento. Ci sono diversi studi sugli effetti di una dieta vegetariana sull’organismo, ma fare un confronto diretto tra la salute di chi mangia carne e di chi la evita è praticamente impossibile per il numero di variabili in gioco: stili di vita, ambiente, predisposizioni genetiche ed età in cui si è iniziata la dieta vegetariana.

In che modo posso prevenire il tumore al colon-retto?
Il tumore al colon-retto è il secondo tumore maligno per incidenza e mortalità in molti paesi occidentali, dopo quello al seno nelle donne e il terzo dopo quello alla prostata e al polmone negli uomini. È una malattia rara nei primi 40 anni di vita, mentre dai 60 agli 80 diventa più frequente: in Italia riguarda ogni anno circa 40mila donne e 70mila uomini. Tra i consigli per fare prevenzione, soprattutto se si è a rischio elevato (presenza di altri casi in famiglia), ci sono una dieta con pochi grassi e poca carne, molte fibre, molti vegetali e un consumo adeguato di frutta. Dopo i 50 anni è consigliabile un esame delle feci ogni due anni, con una colonscopia almeno ogni 10 anni: la combinazione dei due esami consente di individuare il 75 per cento dei tumori per tempo. Il primo passo non è comunque leggere raccomandazioni sul Post o su qualche forum online, ma andare dal proprio medico e concordare un piano di esami per tenersi sotto controllo.

Fonte: Il Post

I comitati antivaccino: una posizione tutta da spiegare


Stefano Montanari

A proposito dell’intervista rilasciata a Vitalmicroscopio che invito a leggere (http://www.stefanomontanari.net/sito/blog/2761-ancora-unintervista-sui-vaccini.html) mi scrive il sig. Francesco Bettinelli: “…Vorrei chiederle un chiarimento su un suo passaggio che mi ha incuriosito: "Dall’altra parte i comitati antivaccino continueranno a piagnucolare senza fare nulla di efficace pur disponendo di armi che, se fossero usate correttamente, sarebbero devastanti." Quali sarebbero secondo lei queste armi?”
Pur avendo toccato il tema innumerevoli volte, evidentemente non sono stato abbastanza efficace per essere compreso. Ecco, allora, che, invece di rispondere al solo sig. Bettinelli, scrivo per chiunque abbia la voglia e la pazienza di leggermi, sperando finalmente di essere compreso e di chiudere la vicenda.....

Ripeto per l’ennesima volta che io ritengo l’invenzione dei vaccini qualcosa di geniale. Ritengo, però, che come sono preparati oggi, come sono somministrati oggi e come sono illustrati oggi i vaccini siano tradimenti per la Medicina e uno schiaffo all’onestà con diverse incursioni nella peggiore criminalità. Di questo ho parlato e scritto innumerevoli volte e, se non altro per non annoiare persino me stesso, non ci torno più sopra. E, allora, come ho sempre sottolineato, tra genialità e crimine è indispensabile fare chiarezza senza riguardo per chi, in qualunque modo, fa i soldi con i vaccini o per chi ottiene posizioni di potere o anche solo per chi dei vaccini ha un concetto quasi religioso. È un fatto che la chiarezza, certo non difficile da ottenere, non la vuole nessuno.
Che non la vogliano le industrie farmaceutiche, pur nell’estremo disprezzo che merita la loro posizione, è in qualche modo comprensibile, e pure lo è l’evidenza che, con loro, non la vogliano tutti i personaggi i quali, su piani diversi e per le dimensioni più disparate, ruotano intorno alla montagna sempre crescente di denaro che i vaccini generano. Medici criminali, medici ignoranti, medici senza spirito critico, medici avidi, politici immorali, burocrati degli enti di cosiddetto controllo, funzionari delle ASL, giornalisti e semplici blogger sono categorie corposamente rappresentate tra i pianeti, i pianetini e gli asteroidi di cui sopra. A questi si uniscono non poche persone comuni.
A fronteggiare quello schieramento c’è quello contrapposto di chi dichiara che i vaccini sono responsabili di un’infinità di disgrazie, alcune fondate, altre ragionevoli, altre fantasiose. Io non ho mai nascosto il mio più fiero disprezzo nei confronti della categoria di quelli che chiamerò “vaccinisti” , ritenendoli in diverse circostanze dei veri e propri criminali, ma devo aggiungere che nemmeno i vari comitati degli “antivaccinisti” ad oltranza mi sono simpatici. A mio parere questi ultimi dovrebbero insistere per quella chiarezza mai data e dovrebbero, per questo, costringere all’angolo istituzioni come l’Istituto superiore di sanità o personaggi come l’ineffabile professoressa Susanna Esposito generosamente sponsorizzata da Big Pharma così come si è esibita nel corso della famigerata trasmissione di Italia 1 chiamata Open Space. E, per farlo, basterebbe presentare i risultati delle analisi che noi stiamo conducendo da anni sui vaccini, facendolo non in una registrazione TV dove il conduttore, fin troppo spesso di regime, può fare il bello e il cattivo tempo e dove si possono effettuare tagli a volontà prima di andare in onda, ma in una sede pubblica al cospetto di chi voglia intervenire e porre domande. Ricordo che così si fece a Dublino quando si mandò all’aria il progetto già regolarmente approvato di costruire un inceneritore di rifiuti. Certo, noi italioti non abbiamo lo stesso concetto di democrazia degl’irlandesi. Da noi democrazia significa che chiunque può esternare opinioni su qualunque argomento, anche i più tecnicamente complessi, pretendendo e ottenendo di essere presi per esperti credibili e autorevoli pur sapendone meno di zero. In tutto questo marasma di chiacchiere, l’esperienza insegna che nessuno, assolutamente nessuno, è in grado di giustificare le porcherie che troviamo nei vaccini e, allora, non si vede perché i comitati dovrebbero tralasciare quell’arma. A meno che non ci siano ragioni da non rivelare e di cui io non sono al corrente. Il fatto innegabile è che assolutamente nessun comitato si è mosso per andare a curiosare che cosa c’è nei vaccini.
Sempre a mio parere, bisognerebbe smettere di dare spazio e credito a personaggi intrisi di boria e d’ignoranza come Paolo Mieli, un giornalista che si è sempre occupato di politica ma che, per motivi noti solo a lui, si è lanciato in un pistolotto sul Corriere della Sera del 20 ottobre scorso a difesa dei vaccini talmente assurdo da cadere nel ridicolo. Assurdo, però, solo per i veri addetti ai lavori, cioè coloro che non lucrano scegliendo una posizione piuttosto che un’altra, perché tanto popolo bue è disposto a regalare credito anche al signor Mieli quando spara sciocchezze su argomenti a lui palesemente ignoti. A questo proposto la dottoressa Gabriella Lesmo ha scritto un articolo molto esaustivo contestando le stravaganze del tuttologo di turno nell’illusione che costui non solo lo leggesse ma addirittura capisse che cosa lei, pediatra e vera esperta di vaccini, scrive (http://autismovaccini.org/2015/10/21/vaccini-scienza-coscienza-e-complottismo/). Pia illusione, appunto, perché quello di vaccini sa meno di una comare da cortile, di Medicina sa ancora meno e di metodo scientifico non ha mai sentito parlare nei salottini buoni che frequenta con profitto e, quindi, non esiste.
Dall’altra parte della barricata, tuttavia, non si fa meglio. A me capitò un paio di volte di partecipare a convegni indetti dagli antivaccinisti e, al di là di chi era titolato a parlare perché in un modo o nell’altro era esperto dell’argomento, sfilavano sul palco e nei corridoi personaggi a dir poco imbarazzanti, dai sedicenti laureati che mai hanno messo piede in un laboratorio di ricerca secondo cui la scienza è quello che inventano loro alle mamme con una quinta elementare in bacheca che sparano patetiche idiozie pretendendo che quelle valgano perché loro hanno un figlio autistico o morto di cancro. Ecco: sono proprio quei personaggi a far sì che chi vuole la chiarezza che io invoco sia strumentalmente confuso con gli antivaccinisti ad oltranza e non ottenga ascolto quando non, addirittura, ricavi sberleffi. Del resto, gli stravaganti pseudoscienziati e le mamme addolorate sono bersagli fin troppo facili per gli “scienziati” a gettone e per i giornalisti che non si vergognano a fare da bambolotto dei ventriloqui disposti a dare loro un’elemosina.
A questi si aggiungono associazioni come I Bambini delle Fate, capaci di raccogliere palate di quattrini fingendo di fare ricerca sull’autismo e, di fatto, agendo in modo che la ricerca non sia fatta e fornendo così una sponda importante a chi continua allegramente ad arricchirsi a spese della salute e della vita stessa di tutti.
Insomma, in questo modo non si va da nessuna parte ed è così che Big Pharma e tutta la sua corte dei miracoli stravincono la partita. stefanomontanari.net

Fonte: Lo spergiuro d'Ippocrate

Segnalazione di Marco Cedolin

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