mercoledì 4 febbraio 2015

Il (fu) welfare per gli studenti: solo i ricchi ce la fanno


La scuola è aperta a tutti”, recita il primo comma dell’articolo 34 della nostra Costituzione, ma per alcuni sembra essere più aperta che per altri e per altri ancora rischia di chiudersi definitivamente. Il diritto allo studio, benché costituzionalmente garantito, è già da tempo a rischio estinzione a causa dei ripetuti tagli inferti alle voci del bilancio pubblico dedicate all’istruzione, ma con la nuova legge di stabilità la situazione rischia di farsi insostenibile. Il nuovo testo infatti prevede in primo luogo che circa 150 milioni di euro garantiti alle regioni dallo stato vengano posti sotto il patto di stabilità e, in secondo luogo, che le regioni versino una somma superiore ai 500 milioni di euro all’amministrazione nazionale centrale: parafrasando il gergo contabile ciò vuol dire che i 150 milioni di euro, originariamente vincolati come fondi per l’istruzione, potranno essere spesi dalle regioni in altri modi, mentre gli oltre 500 milioni di euro verranno raccolti tramite ulteriori restrizioni della spesa e aumenti delle tasse regionali. Il risultato di ciò consiste in una riduzione delle borse di studio per gli studenti universitari dalle 130mila del 2014 (a fronte di quasi 160mila vincitori) alle poco più di 60mila per l’anno corrente. E ciò nonostante l’Italia sia il terzo paese europeo in cui le tasse universitarie sono più salate e dove gli istituti di welfare per gli studenti (borse di studio, prestiti garantiti dal governo, agevolazioni sui mezzi pubblici) sono decisamente pochi e sempre più magri. I proclami governativi parlano di incentivi e maggiore spazio per i giovani, ma questi dati, uniti alla triste constatazione che l’Italia è tra i paesi con meno laureati nella fascia d’età 25 – 35 anni in Europa e che la percentuale di iscritti alle università diminuisce di anno in anno, raccontano una storia nettamente diversa.

L’ultima accusa in ordine di tempo è stata avanzata da Link Roma, che denuncia una riduzione di 20 milioni di euro dei fondi concessi a Laziodisu, l’ente regionale che gestisce il welfare studentesco (borse di studio, servizi mensa, alloggi) nel Lazio. “Il taglio di 20 milioni di euro comporta, infatti, che ogni sede territoriale di Laziodisu debba decidere, nello specifico, di quale servizio “possono fare a meno” gli studenti. L’ Adisu di Roma Due, ad esempio, ha deciso di diminuire il servizio mensa chiudendola non solo un mese prima ma addirittura eliminando del tutto il servizio serale. In protesta anche gli stessi lavoratori delle ditte di pulizie delle residenze universitarie, in sciopero da diversi giorni a causa del rischio concreto di licenziamento”, queste le parole che gli studenti hanno diffuso con un proprio comunicato nella giornata di ieri.

Lo smantellamento dello stato sociale, e il conseguente disimpegno del settore pubblico nei rapporti economici, è un processo politico che parte da molto lontano e i cui effetti sono ancora in fase di esecuzione. I taglio ai fondi degli enti regionali si inserisce in un contesto di delocalizzazione presso il privato di servizi che dovrebbero essere invece garantiti e accessibili a tutti. Il risultato di queste politiche, in ultima istanza, comporta la sostituzione del welfare statale con il welfare familiare: le porte della scuola si aprono solo per chi ha ereditato le chiavi e poco importa se fuori in molti chiedono a gran voce di essere ammessi.

Fonte: OltremediaNews

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