martedì 2 luglio 2013

Dietro alle rivolte egiziane, un paese sull’orlo del crack

La tensione è ancora alle stelle ma, nonostante la manifestazione di ieri al Cairo, le violenze in Egitto sono state contenute. La rivoluzione – la seconda in pochi anni – è per il momento rinviata. Ma dietro allo scontro politico tra laici (coloro che sono scesi in piazza ieri) e fondamentalisti (i Fratelli Musulmani), c’è un paese sull’orlo del crack.



L’Egitto sull’orlo del fallimento. Mentre gli investitori privati fuggono dall’Egitto, paese sempre più instabile e incapace di apportare le necessarie riforme economiche, sono chiusi anche i rubinetti dei paesi Ue. Nessuno vuole investire in un paese che sovvenziona la bolletta elettrica e il costo della benzina, oltre al pane, necessario per sfamare decine di milioni di poveri. Oggi questo sistema non regge più. Una famiglia che possiede un’abitazione media paga d’estate (con i condizionatori accesi) l’energia elettrica per un totale di 10 euro al mese. Un costo molto basso, coperto da gravose sovvenzioni statali che stanno facendo crescere il debito, mentre la moneta perde sempre più rapidamente potere d’acquisto.

“Incompetenti al governo”. “In questo le responsabilità del presidente Morsi e della politica scelta dai Fratelli musulmani sono chiare e dirette”, spiega Khaled Dawoud, portavoce dell’opposizione. “I Fratelli hanno dimostrato scarsa una competenza economica. Con la loro strategia di “fratellizzare” ogni pezzo dello stato egiziano, hanno respinto ogni possibilità di collaborazione con noi, con l’altra metà dell’Egitto. E tutto questo ci avvicina sempre più al crollo economico e anzi lo favorisce, perché il caos politico fa fuggire gli investimenti e rinvia il risanamento”.

Crolla il turismo, addio investitori. Certo, il caos politico-istituzionale è la causa principale della grave crisi finanziaria ed economica. Dalle prime rivolte anti Mubarak il turismo è crollato inesorabilmente. Gli occidentali ora evitano città come il Cairo e Alessandria, mentre resistono solo mete “protette” come Sharm El Sheik. Tutto questo si è aggiunto a due elementi importanti: in primo luogo le varie rivolte hanno fatto crollare la produttività e la capacità produttiva del Paese, in secondo luogo il mercato finanziario ha visto l’abbandono degli investitori internazionali. Così, dall’inizio del 2013, l’Egitto ha iniziato a vedere dissanguate le sue riserve di valuta estera: all’inizio di maggio le riserve erano crollate a 14 miliardi di dollari dai 35 dell’inizio del 2011.

Centrali elettriche senza manutenzione. Tutto ciò ha ingenerato una spirale negativa che sta paralizzando il paese. La benzina scarseggia, il gas è in esaurimento e ci sono spesso black out elettrici. Tutta colpa della manutenzione. Infatti, alcuni giacimenti di gas sono terminati ma gli altri non vengono sfruttati per mancanza di investimenti e per la manutenzione dei siti. Stesso discorso per le centrali elettriche che non vengono manutenute oramai da vari anni.

Fonte: Diritto di critica

1 commento:

Unknown ha detto...

Rendere prospero il proprio vicino , anzichè esportare pare non sia contemplato in questo quadro politico ...alfine il "denaro" parla al di sopra dei bisogni dei Popoli ..

niki