sabato 31 ottobre 2009

E' stato identificato il killer del video shock

Una gran bella notizia. E' stato identificato il killer dell'omicidio di Mariano Bacioterracino, avvenuto l'11 maggio scorso a Napoli. A quanto si è appreso si tratterebbe di un pregiudicato napoletano che attualmente risulta irreperibile. L'identificazione è avvenuta grazie anche alla diffusione del filmato dell'esecuzione, ripreso da una telecamera, che avevo postato anche io nel blog qualche giorno fa:




venerdì 30 ottobre 2009

La desolazione cresce nel paese Italia

Articolo di Società, cultura e religione, pubblicato lunedì 26 ottobre 2009 in Svizzera.

Il Bel Paese nella morsa della lotta ai media di Berlusconi




Da quando il capo del governo italiano Silvio Berlusconi è tornato sotto pressione giuridicamente fa ricorso a drastici mezzi di difesa. I suoi critici e critiche devono fare i conti con il killeraggio mediatico.

Non c’è davvero niente di buono da riferire da questo paese di cultura? E’ questo che si domandano con preoccupazione gli amanti dell’Italia. Certo che c’è: il teatro Emma Dante a Palermo, un brulichio di nuove gallerie a Napoli, una vivace produzione filmica a Roma, mostre di ogni genere e dibattiti pubblici con i migliori autori del mondo a Milano. Ma questi non sono che granelli di sabbia che vengono seppelliti dal velenoso turbinio dei media.

Abbruttimento morale

La condizione in cui si trova la divisione dei poteri nei media italiani è nota in tutto il mondo, ma in Italia circa la metà degli elettori sembra non volerlo percepire. Mantengono la fiducia nei confronti del loro idolo Berlusconi anche se non si può proprio salvare nulla di lui: dalla corruzione di giudici sul falso in bilancio fino all’evasione fiscale, il suo disprezzo per “i comunisti” e giornalisti oppositori, per donne più intelligenti che belle, la sua passione per le adolescenti e la voglia di lavorare soprattutto per la propria tasca, trascinando il paese nella devastazione economica e morale e mettendolo in ridicolo sul palcoscenico internazionale.

Il perchè il 55 per cento circa degli italiani sia ancora convinto del proprio capo di governo è solo in parte una questione di psicologia della massa – così come fu nel caso di Waldheim in Austria, quando alla critica dall’estero fu risposto con l’ostinato “adesso basta pero’!” degli elettori. Il calcolo nel caso di Berlusconi è più semplice, dato che il suo monopolio sui media non ha eguali al mondo: sotto al suo diretto controllo ci sono tre canali televisivi, che dominano quasi il 50 per cento del mercato e che nei loro metodi di propaganda non devono essere per niente delicati. Il rimanente 50 per cento, coperto principalmente dalle tre emittenti nazionali, e’ gia stato in gran parte ammaestrato dalla sua posizione di primo ministro e dal suo ruolo di esperto in tecniche di intimidazione. L’ultimo ostacolo ai tentativi di repressione vacilla in questi mesi nella battaglia per l’indipendenza del’emittente RAI 3, sinora indipendente. Solo il 10 per cento circa degli italiani legge giornalmente un quotidiano, quindi poco giova che la maggioranza degli organi di stampa provenga da testate indipendenti. E anche che internet, elogiato come democratico, utilizzato solo da circa metà degli italiani, sia ancora troppo debole per poter far concorrenza alla piovra televisiva di Berlusconi.

L’Italia non si libererà in tempi brevi e in modo indolore dalla morsa di Berlusconi, poichè l’opposizione politica è troppo debole e troppo limitato il potere dei giornali che ancora si pongono in modo critico, che sono tempestati da querele. Considerata l’egemonia quasi totale della televisione è improbabile un rovesciamento di opinione nella popolazione. Nel ghetto della media dei percettori di reddito e dei disoccupati imperversa, dalla mattina a sera, lo scintillio della propaganda e degli appelli all’unità. Ultimamente abborracciate azioni terroristiche e accaniti richiami all’uso della forza si ammucchiano in internet in modo preoccupante. Pochi giorni fa l’appello “uccidiamo Berlusconi” su Facebook ha trovato, in poche ore, 14.000 sostenitori e “amici”. L’ imbarbarimento delle circostanze avviene ad opera sia degli oppositori che dei sostenitori di Berlusconi, più efficacemente soprattutto da parte di quelli che hanno i migliori strumenti e non sono tormentati da scrupoli morali.

Due sentenze

La cronaca delle continue nefandezze degli ultimi mesi, da quando Berlusconi si è ritrovato in maggiore necessità e perciò abusa a dismisura del suo potere mediatico è l’aspetto più deprimente di tutto ciò che ha propinato finora. Oggi sembra cosa da poco la pantomima del capo di governo che, nel corso di una conferenza stampa con Putin, metteva le mani addosso a una giornalista italiana disobbediente, facendo finta di spararle con la pistola e facendo intendere, con un ghigno, cosa potrebbe succedere in Russia o in Italia. Sono quasi finite nel dimenticatoio le sue scappatelle con prostitute di ogni tipo, alle quali aveva assicurato il suo appoggio nello show business e in politica, le storie di letto su cui si era dilungata la stampa di opposizione – come se quest’uomo non avesse ben di peggio su cui rendere conto. Velocemente dimenticata è anche l’offesa nei confronti della brizzolata oppositrice politica Rosy Bindi, a cui Berlusconi ha detto, di fronte a cinque milioni di telespettatori, di essere “più bella che intelligente”, offesa lasciata cadere nel vuoto dal furore femminista in internet. Ultimamente Berlusconi non si limita più solo a cadute di stile così banali, perchè fondamentalmente sono in gioco milioni e miliardi.

Lo zar dei media scatena nuovamente tutte le sue armi, da quando due sentenze giudiziarie lo hanno colpito a breve distanza una dall’altra. Secondo la prima Berlusconi deve risarcire per 750 milioni di euro un concorrente, perchè anni fa, ricorrendo alla corruzione, era venuto in proficuo possesso del gruppo editoriale Mondadori. Secondo l’ultima, invece, la sua immunità dev’essere annullata, così che una serie di processi contro di lui possono essere riaperti. Motivo sufficiente per una caccia spietata tramite i media su tutto ciò che potrebbe essere contro di lui, quindi su giudici, giornalisti, artisti e intellettuali che non sono disposti a tessere le lodi del saggio leader – come Claudio Magris, che ha osato muovere una critica all’Italia in occasione del suo discorso al “Premio per la pace” di Francoforte.


Gli strumenti di caccia preferiti da Berlusconi sono le sue navi ammiraglie Rete 4 e Canale 5, così come il quotidiano di battaglia “Il Giornale”. Da Rete 4 si propagano incessantemente nell’etere le trasmissioni di propaganda del fedele Emilio Fede, che uno spettatore non avvezzo potrebbe interpretare come caricature. Canale 5 è considerato un po’ più serio, ma si è distinto di recente con un brillante servizio sul giudice del processo Mondadori: è stato ripreso con una telecamera nascosta mentre aspettava davanti al suo barbiere fumando una sigaretta: “che stravagante comportamento” sfotteva una voce femminile, che poi malignamente ha alluso ai suoi “calzini azzurri” (NZZ 19. 10. 09). A niente è servita la protesta dell’associazione italiana giornalisti, perchè chi arriva così in basso non è più capace di nessun giudizio. Sullo stesso livello si muove “Il Giornale”, il giornale in possesso del fratello di Berlusconi, che alcuni giorni dopo la caccia spietata ha scritto sul giudice, che dato che costui ora non può più fidarsi ad andare tranquillo per la strada, avrebbe evidentemente bisogno di far la “bella vita in un’ auto blindata”.

Questo astio viene ulteriormente inasprito dalle possibilità finanziarie del giornale, presso il quale sono migrati molti voltagabbana sensibili al danaro, dopo che il grande conservatore Indro Montanelli, in attrito con Berlusconi, aveva abbandonato. Anche nel Feuilleton di questo giornale scorrazzano, da allora, i pugnalatori verbali, cosa che anche Claudio Magris riesce ora ad avvertire. Dopo aver parlato a Francoforte, con mitezza sottotono e diplomazia, delle condizioni in Italia, il “Giornale” ha annunciato a caratteri cubitali: “Magris canta la litania degli antiitaliani”.

Killeraggio mediatico

Così come le emittenti televisive di Berlusconi, anche “Il Giornale” si sta specializzando sempre più nel killeraggio mediatico. L’ultima vittima è stato Corrado Augias, il popolare giornalista di “Repubblica”, quel giornale che si occupa in modo estremamente intensivo degli intrighi di Berlusconi. Negli anni 1961-67 Augias sarebbe stato arruolato dai servizi segreti cechi come informatore. Le accuse insieme a grandi fotografie, sapientemente collocate in prima pagina vicino a un articolo sulle brigate rosse, sono tanto orripilanti quanto ridicole, ma adatte a quella stravagante intervista in cui fu chiamato a testimoniare l’anziano ex Presidente della Repubblica Cossiga. Cossiga, amico di Berlusconi, la cui labilità mentale, è noto, preoccupò i suoi collaboratori fin dai tempi del suo governo, ha parlato diffusamente del giornalista e scrittore Corrado Augias, ha riferito in modo talmente insensato delle pratiche dei servizi segreti cechi, al punto che il giorno dopo persino “Il Giornale” ha dovuto arrancare faticosamente indietro. Ma la diffamazione, una volta messa in circolazione, segue il suo corso, contro Augias, Magris e tutto quel “culturame” – una parola fatta rivivere recentemente, che ha odore di fascismo, di “quando sento parlare di cultura …”.

[Articolo originale "Die Wüste wächst im Land Italien" di Franz Haas]

Calcio, mafia e omertà


Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, si è guadagnato un posto da candidato sindaco di Corleone. Ma non per le prossime amministrative. Per quelle, già avvenute, del 1970. Intervistato da Klaus Davi, Petrucci ha detto:"Le cosche? Sono fuori dal mondo dello sport e non lo condizionano. L'episodio di Agrigento è circoscritto e la giustizia sportiva è immediatamente intervenuta per squalificare il dirigente dell'Akragas calcio che aveva dedicato la vittoria a un boss mafioso arrestato pochi giorni prima".

Di fronte ad affermazioni come queste parlare di sottovalutazione del fenomeno non ha senso. A Petrucci sarebbe bastato consultare le collezioni dei giornali per scoprire quello che tutti, a parte lui, sanno benissimo: la mafia, la camorra e l'ndragheta nel calcio ci entrano da anni. E a piedi uniti. Perché, come si legge in una lettera tra due mafiosi calabresi sequestrata a Castrovillari, il football ha "un ritorno di immagine incredibile e fatto a livello aziendale porta posti di lavoro e guadagni insperati".

Qualche esempio: nel 2004 il clan dei casalesi tentava di rilevare la Lazio con 24 milioni di euro. La settimana scorsa invece si è costituito, dopo due anni di latitanza, il boss Michele Labate, condannato a 14 anni e considerato il "padrone" della zona dove sorge lo stadio di Reggio Calabria. Non certo un caso. Visto che Labate è il cognato del vice-presidente della Reggina, Gianni Remo, appena assolto al termine di un processo per estorsione. A Palermo invece nel 2007 il direttore sportivo dei rosanero Rino Foschi si era visto recapitare a casa per Natale una testa di agnello mozzata. Tra i procuratori dei calciatori c'era infatti un uomo del clan Lo Piccolo. E spesso, come ha dimostrato l'inchiesta, in campo non entravano i giocatori più bravi, ma quelli sponsorizzati dai boss. Il calciatore che gioca anche pochi minuti su un campo di serie A aumenta infatti il suo valore. E può essere rivenduto con guadagni che finiscono per ingrassare le casse dei clan.

Ovviamente tutto questo il presidente del Coni, non lo sa. E non sa nemmeno come moltissime squadre delle serie minori nelle tre regioni controllate dalla criminalità organizzata facciano capo a famiglie di mafia. In questo modo è pure più facile avvicinare i giocatori più importanti e finire per condizionare, come è accaduto decine di volte, i risultati delle partite. Perché, ma al Coni non lo hanno detto, il mercato delle puntate clandestine (e spesso pure quello dei centri scommesse ufficiali) è controllato dalle cosche.

Noi però dobbiamo stare tranquilli. Non c'è niente di cui preoccuparsi. Il calcio e lo sport sono nelle mani giuste. Quelle di Petrucci.

Tragica serenità



Stasera sono venuto a conoscenza di un video diffuso dalla Procura di Napoli. Si tratta dell'omicidio di Mariano Bacioterracino, un pregiudicato di 53 anni, avvenuto a Napoli l'11 maggio scorso. La speranza della diffusione di questo video è quella di cercare di identificare gli assassini. Nel video la vittima sembra che sta aspettando qualcuno fuori da un bar, quando un uomo si avvicina e gli spara ben 5 colpi di pistola da brevissima distanza.

Roberto Saviano definisce questo gesto come una "tragica serenità". Tra l'altro si vede benissimo nel video una donna a pochissimi metri ed un uomo con un bambino in braccio che si allontana nella totale indifferenza. Sembra quasi che non sia successo nulla. Indifferenza totale. Una scena degna da film poliziesco, ma è tutto tragicamente vero. Il video fa davvero molto riflettere ed è impressionante. In alcune circostanze sembrano gesti banali e normalissimi, in realtà è preoccupante questa 'abitudine'. La vita non vale più niente. Non so che dire.

Video tratto dal blog Il Popolo Sovrano

giovedì 29 ottobre 2009

ll Governo potrà imporre le centrali nucleari con la forza pubblica

Il riassetto nucleare dell’Italia è in discussione in questi giorni in Parlamento con il disegno di legge 1441-ter,”Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, un gran minestrone che contiene di tutto, e segnatamente il nucleare.
Nel ddl 1441-ter è previsto fra l’altro lo scioglimento dell’Enea (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente) e la sua sostituzione con l’Enes. Non risponderà più al ministero dell’Ambiente ma a quello per lo Sviluppo economico.
L’Enes viene definito “un ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca e alla innovazione tecnologica nonché alla prestazione di servizi avanzati nei settori dell’energia, con particolare riguardo al settore nucleare, e dello sviluppo economico sostenibile”.

Capito? Energia nucleare e sviluppo sostenibile vengono presentati come parenti stretti. Anche se si tratta di due concetti diametralmente opposti.

Però le novità peggiori sono altre. Delega al Governo per stabilire entro giugno le normative relative al nucleare. Gestione delle scorie nucleari affidate a società private: basta che lo Stato le partecipi almeno per il 20%.

Soprattutto, in caso di mancata intesa con le autorità locali a proposito della realizzazione delle centrali nucleari, il Governo potrà far ricorso alla forza pubblica.

Fonte: Blogeko

Campagna mondiale di boicottaggio alla multinazionale Chiquita


La multinazionale Chiquita sta appoggiando il golpe in Honduras, impedendo al vero presidente Zelaya di rientrare nel proprio Paese. Di fatto, il commando golpista ha già riportato la popolazione sotto una dittatura, pianificata dagli USA.
Per questo motivo è necessario l'impegno della comunità civile mondiale, affinché si boicotti il marchio 'Chiquita' e si dia vita a questa campagna mondiale. Molti siti hanno già aderito.

Come aderire all’iniziativa

1) Non comprare banane Chiquita
2) Diffondere il boicottaggio tra i vostri contatti e sul web
3) Stampare su adesivi, magliette, poster, volantini il logo del boicottaggio
4) Entrare nel portale della sede centrale della Chiquita a Cincinnati, OH (USA) e postare il seguente messaggio:
I DON’T BUY CHIQUITA BECAUSE IT SUPPORTS COUP DE ETAT IN HONDURAS

Per ulteriori informazioni: http://www.boicotchiquita.blogspot.com/

Berlusconi invade Ballarò, insulta e va via

Fuori programma nella parte finale della puntata di ieri di Ballarò, con la telefonata del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha fatto sforare la puntata di oltre un quarto d'ora. Niente di diverso dalle solite cose che dice nei comizi: la sinistra che è un manifesto di falsità, che lui lavora solamente per il bene del Paese e così via.
Naturalmente non poteva mancare l'attacco ai magistrati. "L'anomalia italiana non è Berlusconi. L'anomalia italiana sono i PM comunisti e i giudici comunisti del Tribunale di Milano. E solo da quando Silvio Berlusconi è sceso in politica e ha sottratto il potere ai comunisti, lo hanno aggredito con 103 procedimenti ed indagini, con 36 processi. L'hanno messo in più di 2500 udienze. In totale sono 109 i magistrati che si sono occupati di Silvio Berlusconi e del suo gruppo" (naturalmente sono cifre sparate a casaccio, solo per impressionare i creduloni. Berlusconi è stato indagato una ventina di volte, con - vado a memoria, ma se sbaglio è di uno o due - 16-18 processi ed è stato solo in tre udienze, quando chiese di fare spontanee dichiarazioni. Altrimenti non è mai andato in Tribunale, ndr).

Quando il conduttore Floris ha cercato di far intervenire gli ospiti del centrosinistra (la deputata Pd Rosy Bindi e il direttore dell'Unità Concita De Gregorio), è finito anche lui nelle ire di Berlusconi, che ha dimostrato per l'ennesima volta come è il padrone anche della RAI, gridando: "Lei sta facendo un processo a Berlusconi senza alcun contraddittorio (e meno male che c'erano due ministri del suo governo, il Ministro della Difesa Ignazio La Russa e quellodella Giustizia, Angelino Alfano, ndr). La televisione pubblica è pagata con i soldi di tutti e quindi non è sua, Floris". La risposta l'ha data un commento ironico della Bindi: "Ma il Presidente del Consiglio paga un canone più alto di tutti gli altri?".


Ecco la telefonata di Silvio Berlusconi a Ballarò:

mercoledì 28 ottobre 2009

Gentilini condannato: istigazione al razzismo. Uno sceriffo contro extracomunitari e gay


Prima o poi doveva succedere. È toccato a Gentilini beccarsi, ieri, la condanna per istigazione al razzismo con annessa multa di 4000 euro. All’ex sindaco di Treviso sono costate care le parole urlate dal palco della Festa dei Popoli Padani a Venezia.

“Voglio eliminare - aveva detto - i campi nomadi, voglio eliminare dalle strade quei bambini che vanno a rubare in casa degli anziani” ed ancora “voglio una rivoluzione contro chi vuole aprire moschee e tempi islamici” dicendosi pronto “ad aprire una fabbrica di tappeti per regalarli agli islamici perchè vadano a pregare nel deserto e non a casa nostra”. E ancora “Voglio la rivoluzione contro i clandestini. Voglio la rivoluzione contro i campi dei nomadi e degli zingari. Io ne ho distrutti due a Treviso” e qui potete trovare parte di quel discorso.

Frasi queste che hanno portato il Gup di Venezia Luca Marini a condannare “Lo sceriffo” alla pena pecuniaria e soprattutto, cosa che sia a lui che ai militanti leghisti dispiacerà più di ogni altra cosa, al divieto per tre anni di partecipare a comizi politici.

Ovviamente Gentilini si difende e tramite il suo avvocato, Luigi Ravagnan, sostiene che ricorrerà in appello anche perché sostiene che quelle non erano affatto frasi a sfondo razzista e che “non c’era nessuna maliziosità contro le razze, bensì il sostegno ad idee ben note del mio assistito finalizzate all’integrazione tra etnie diverse”.

Integrazione tra diverse etnie, dice così l’avvocato e lo stesso Gentilini sottolinea si è andati contro “un uomo che, per le proprie idee, è abituato ad andare all’assalto e ad esporsi al fuoco nemico porgendo il proprio petto mentre qualcuno è pronto a spararmi alle spalle”.

Gentilini non è nuovo a questo tipo di uscite e come altri esponenti della lega dà il “meglio” di sé quando da un palco vede le bandiere verdi. Gli extracomunitari - africani ovviamente - sono uno degli obiettivi preferiti dallo sceriffo, ma non solo da lui (ricordiamo Calderoli e la sua maglietta anti islam, il maiale portato davanti la moschea, piuttosto che la disinfestazione dei treni da parte dell’europarlamentare leghista Borghezio), e famose sono le sue prese di posizione sulle panchine in città da abolire, dato che erano dormitori per gli extracomunitari, piuttosto che l’uscita sugli extracomunitari da vestire da leprotti e impallinare, ma ne ha anche per Roma Ladrona e per gli omosessuali (“culattoni” per Gentilini) contro i quali ci vuole una “pulizia etnica”.

Servirà da lezione questa condanna? I dubbi, purtroppo, rimangono.

martedì 27 ottobre 2009

Marrazzo si è dimesso, in primavera le elezioni


Taglio netto, quello deciso dall'ormai ex Governatore del Lazio, Piero Marrazzo: ha depositato le sue dimissioni e già domani il Consiglio regionale ne prenderà debitamente atto. Pare che alla base di questa accellerazione ci sia il fatto che Marrazzo non riesce a reggere questa enorme pressione mediatica, tanto che ieri ha avuto un malore ed è stato portato all'ospedale.

Adesso, legge alla mano, si devono fare le elezioni tra almeno 135 giorni: 90 giorni per fare i decreti relativi ai comizi elettorali e 45 giorni per i comizi stessi. A questo punto si finirebbe all'inizio di marzo. Di conseguenza non è una ipotesi peregrina che venga utilizzato qualche escamotage per creare un po' di ritardo e far coincidere le elezioni con l'election day già fissato dal governo al 28 e 29 marzo.

Intanto la Procura della Repubblica di Roma ha emesso una nota nella quale specifica che Piero Marrazzo non è tra le persone indagate per questa vicenda; nè lo sono altri politici. Anche sull'ipotesi di peculato, è stato accertato che con l'auto di servizio Marrazzo poteva andare dove voleva, e quindi non ci sarebbe nessun profilo di reità.

In Sri Lanka si rischia la catastrofe umanitaria: l'Europa non può continuare a tacere sui campi di internamento

In occasione del vertice del Consiglio dei Ministri degli esteri dell'Unione Europea, l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) chiede che il Consiglio si impegni per evitare l'annunciata crisi umanitaria in Sri Lanka, che condanni fermamente l'esistenza dei campi di internamento nel nord del paese asiatico e che chieda l'immediata liberazione dei 264.000 civili Tamil detenuti nei campi. In un appello urgente ai Ministri degli esteri europei, l'APM chiede che l'Europa non continui ad accettare passivamente le violazioni dei diritti umani in corso in Sri Lanka ma si attivi ora. Tra pochi giorni nella regione inizieranno le piogge monsoniche e la vita degli internati nei campi rischia di trasformarsi in un inferno in terra.

E' scandaloso che da quattro mesi 264.000 persone si ritrovino imprigionate tra reti di filo spinato a causa della loro appartenenza etnica e chiunque tenti di scappare dai campi viene fucilato. Le detenzioni arbitrarie in condizioni disumane dei civili tamil da parte delle autorità cingalesi contravvengono a ogni norma del diritto umanitario internazionale.

Nei campi di internamento delle autorità cingalesi vengono trattenute quattro volte tante persone quante erano inizialmente previste. In un campo con 70.000 persone ci sono solamente 200 bagni a disposizione dei detenuti, mancano l'acqua potabile, il cibo e i medicinali. Invece dei 35 litri di acqua per persona raccomandati dalle organizzazioni umanitarie, un'intera famiglia detenuta riceve solo 20 litri che devono bastare per diversi giorni. Secondo il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon che recentemente ha visitato uno dei campo di internamento, "questo è la peggior cosa che io abbia mai visto in tutta la mia vita".

L'APM lamenta anche che le autorità cingalesi ostacolano massicciamente il lavoro delle organizzazioni umanitarie nei campi. Anche la Croce Rossa Internazionale (ICRC), nota per la sua neutralità, che all'apice dell'offensiva militare cingalese del maggio scorso aveva denunciato l'altissimo numero delle vittime civili, ora deve subire le campagne diffamatorie lanciate delle autorità cingalesi ed è stata costretta dalle autorità a chiudere diversi suoi uffici nel paese. Le autorità hanno inoltre negato ai collaboratori dell'ICRC la possibilità di vedere i detenuti sospettati di aver sostenuto il movimento clandestino delle Tigri Tamil (Tamil Tigers of Tamil Eelam).

Le autorità dello Sri Lanka si stanno inoltre prendendo gioco delle istituzioni internazionali e degli stessi detenuti nei campi. In seguito alle crescenti pressioni internazionali, il governo di Colombo continua a promettere la prossima liberazione di un cospicuo numero di detenuti ma di fatto non mantiene poi le sue promesse. Secondo il governo dello Sri Lanka, entro novembre 2009 avrebbe dovuto essere rilasciato l'80% di tutti gli internati, i civili liberati rappresentano però finora solo il 10% delle persone finite nei campi dopo i rastrellamenti fatti dall'esercito nei villaggi del nord del paese. In questo modo il governo di Colombo si gioca la speranza della popolazione civile anche Tamil per un futuro di pace e rischia di metter una pietra tombale su ogni possibilità di convivenza pacifica tra Cingalesi e Tamil nel paese.

Fonte: Stop the war

lunedì 26 ottobre 2009

Ad ognuno la sua Ford (satira)

"Mi gridavano frocio e comunista". Picchiato a sangue a Ostia

'Frocio comunista'. E poi il pestaggio. Violento. Vigliacco. In tre lo hanno assalito alle spalle e lo hanno scaraventato per terra. Calci in faccia, sulla schiena fino a spaccargli il setto nasale e una costola. A salvargli la vita la vicinanza al commissariato di Ostia, la sua corsa disperata verso il posto di polizia. Là Fausto (il nome è di fantasia per proteggerne l'identità), con il volto trasformato in una maschera di sangue, ha denunciato tutto prima di essere portato all'ospedale per essere sottoposto alle radiografie e alle cure dei medici. E' quanto scrive Il Messaggero.

"E' la storia dell'ennesima aggressione a sfondo omofobo a Roma - continua il quotidiano - Anche se la vittima questa volta non è omosessuale". A tradirlo, forse, il suo look non omologato alle mode del momento. Fausto, trent'anni, vive sul litorale romano a Ostia e scrive come freelance per la rivista musicale 'Rumore'. E spesso con le critiche ci va giù forte. Venerdì aveva trascorso una bella serata. Era stato a Roma, al Circolo degli Artisti in via Casilina Vecchia per seguire il concerto del gruppo pop londinese 'Micachu and the shapes'.

Alla fine del concerto, con la sua borsa con appunti, penne e riviste, il ritorno verso Lido con i mezzi pubblici. Ed è là che inizia il suo incubo. Sono circa le 4 quando Fausto, jeans attillati, giacchetta british doppiopetto e ai piedi le 'frankenstein' scende dall'autobus notturno in via dei Romagnoli. Attraversa il cavalcavia pedonale e si ritrova davanti alla stazione Lido Nord.

Là, appoggiati ad un muretto tre ragazzi capelli corti, jeans e felpe"
. "Quando mi hanno visto - racconta Fausto con la voce bassa e impastata e il volto tumefatto per le percosse - mi hanno fatto il saluto romano. Io ho fatto finta di niente e ho proseguito a camminare per la mia strada. Ma li ho sentiti che dicevano qualcosa ma non ho capito cosa". "Per tornare a casa - si legge ancora - Fausto deve percorrere via dei Promontori uno stradone lunghissimo. E lui lo fa a passo veloce. Poi però si volta indietro e vede che quei tre lo stanno seguendo dall'altra parte del marciapiede. Prosegue. Passa un incrocio, ne passa un altro. Si volta ancora indietro e vede che uno dei tre è passato dal suo lato della strada. Si preoccupa.

Si volta ancora senza mai fermarsi e vede che anche un altro è dietro di lui. A quel punto ha paura, e anche se si trova all'altezza di una chiesa e non è lontano da casa, prende dalla tasca della giacca il telefonino per chiamare qualcuno. Ma non fa in tempo a utilizzarlo. I tre gli sono già addosso". "Sono arrivati alle spalle - racconta ancora sotto choc - mi hanno urlato 'frocio comunista' e poi mi hanno massacrato di botte". Una carica di calci in testa e alla schiena.

"Pensavo che mi avrebbero ammazzato" dice ancora Fausto. "Poi però - prosegue l'articolo - la vittima riesce a divincolarsi, si alza e corre. Il commissariato di Ostia è là, a poche decine di metri, in via Genovese Zerbi. Fausto arriva con il fiatone che gli toglie la voce, i jeans strappati, il volto coperto di sangue. E racconta tutto alla polizia. Con gli agenti torna sul luogo dell'aggressione e là recupera le chiavi di casa, il telefonino cellulare e gli occhiali. Poi viene subito trasportato in ospedale Giovan Battista Grassi dove i medici gli diagnosticano la frattura del setto nasale, una costola rotta, traumi allo zigomo. Sulla violenta aggressione - conclude - stanno indagando gli agenti del commissariato di Ostia".

Fotovoltaico: dalla Sicilia la pellicola che produce energia

Un team di imprese di Catania ha fatto una scoperta che può rivoluzionare il mondo delle energie rinnovabili. Finora, quando si parla di fotovoltaico, si pensa sempre a quegli scomodi ed invasivi pannelli da mettere su ampie superfici di terreno o sui tetti delle case. Ma tra qualche anno potrà essere commercializzato un sistema che consente di creare dei pannelli fotovoltaici su superfici sottili come un foglio di plastica. Finora la cosa non era possibile, perchè attualmente il silicio viene "tagliato" con un raggio laser, che raggiunge temperature nell'ordine di 400 gradi. Ovviamente un foglio di plastica a questa temperatura si scioglierebbe. Ma nella cosiddetta "Etna Valley" hanno trovato un sistema che consente di applicare le piastre di silicio per uno spessore di pochi nanometri (un nanometro è un milionesimo di millimetro) ad una temperatura di 80 gradi. E questo consentirebbe di creare delle superfici capaci di trasformare la luce in energia.

Per esempio si potrebbe sistemare un foglio di plastica di questo tipo per coprire la superficie esterna di un PC portatile, aumentando notevolmente la autonomia delle batterie. O su un cellulare. O magari creare degli strati di questo tipo da mettere sulla superficie delle automobili elettriche, anche in questo caso per prolungarne l'autonomia. Oppure rivestire le pareti esterne degli edifici, in modo da creare elettricità a costo zero. Può essere una vera rivoluzione tecnologica. Sperando di poter mantenere il "made in Italy".

Svezia dice sì ai matrimoni fra gay

Dopo l’ennesima stagione intollerante in Italia, l’omofobia sembra passata, con l’inizio dell’autunno ci si attende un’altra stagione dedicata tutta al medesimo problema. In Italia si continuano a riproporre le interviste di chi la scorsa estate ha subito violenza fisica perchè gay, in Europa, e in particolare in Svezia, si respira tutta un’altra aria. La notizia delle ultime ore riferisce della possibilità concreta di celebrare nozze religiose fra persone dello stesso sesso.
La Chiesa Luterana in Svezia celebrerà le prime nozze gay dal primo novembre. Il Parlamento ha infatti ampliato una legge che permetteva agli omosessuali la libera manifestazione del proprio istinto sessuale, ma senza creare unioni familiari oppure sposarsi. Il termine “matrimonio” può dunque essere utilizzato per definire queste unioni, esattamente come sono quelle fra persone di sesso diverso. All’interno della comunità Luterana, tuttavia, i sacerdoti conservatori, a loro discrezione, potranno anche scegliere di non celebrare le nozze, e in questo caso è prevista la funzione da parte di un altro sacerdote.

La Svezia, al contrario di altri Paesi Europei, si dimostra ancora una volta tollerante e concreta nei confronti di un “problema” sociale che innegabilmente rappresenta tutta l’Europa e non solo.

Fonte: Periodico italiano

Pd, Bersani è il nuovo segretario: "Siamo un partito senza padrone"


Nessun tempo supplementare. Le primarie lasciano sul campo un verdetto inequivocabile: Pierluigi Bersani è il nuovo segretario del Pd. E' lo stesso Dario Franceschini, quando non sono stati ancora diffusi i dati ufficiali, a riconoscere la vittoria dello sfidante. Una vittoria che conferma il verdetto degli iscritti ("Non sono marziani", commenta D'Alema) e che vede l'ex ministro dell'Economia assumersi la guida del più grande partito d'opposizione. Con un vantaggio in più: non essere solo il segretario degli iscritti. Ma aver saputo mietere consensi anche tra i semplici simpatizzanti del Pd.

"Farò il leader a modo mio. Sarà partito senza padroni, non di un uomo solo, ma un collettivo di protagonisti. E sarà un partito dell'alternativa". Così dice il nuovo leader a giochi fatti. Senza enfasi, come nel suo stile. Aggiungendo (e riconfermando) la sua volontà di aprire "una linea di collaborazione con tutte le opposizioni" e spendendo parole di unità sul futuro: "Con Dario e Ignazio lavoreremo assieme. Sono orgoglioso per i tre milioni di elettori a queste primarie".

Sono quasi le 22 quando il responsabile dell'organizzazione Miglivacca comincia a snocciolare i dati nella sede del Pd a Roma. Lo fa con cautela, sottolineando come l'affluenza, sopra le previsioni, abbia rallentato la macchina organizzativa. I numeri, però, non lasciano spazio al dubbio. E' stato un successo: "Hanno votato più di 2 milioni e mezzo di persone" dice Migliavacca. Che minimizza le voci che rilanciano un calo dei votati nel Lazio, legato all'effetto Marrazzo. "Non ci risulta, anzi, Lazio, Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni in cui si è votato di più". Per i dati ufficiali bisognerà attendere ancora. "Ci sono ritardi, ci vediamo verso mezzanotte" taglia corto Migliavacca. Le indiscrezioni, però, si rincorrono. Come quella che parla di un buon risultato di Marino e di un Bersani sopra il 50%. Sul sito di Repubblica, i primi dati da Puglia, Emilia confermano il successo dell'ex ministro dell'Economia. E dal suo quartier generale arriva la conferma: "Siano ampiamente sopra il 50%".

Una tendenza che, con il passare dei minuti, diventa certezza. Niente assemblea e niente ballottaggio. Il responso delle primarie basta per decidere che guiderà il Pd.Al comitato, in piazza SS. Apostoli, Bersani attende le proiezioni con Massimo D'Alema, Enrico Letta, Rosy Bindi. E quando i dati chiudono la partita, si lascia andare ad un brindisi, affidando a twitter la sua soddisfazione: "E' la vittoria di tutti, anche la mia".

Si apre così lo scenario previsto dai più. Quello di un Pd guidato dall'ex ministro dell'Economia che punti ad un partito "popolare", fortemente radicato sul territorio, che coltivi una politica delle alleanze e metta nel dimenticatoio la vocazione maggioritaria di veltroniana memoria. E' una sfida non facile quella che si apre davanti al nuovo leader del Pd. Quella di dare identità ad un partito che, negli ultimi mesi, è sembrato smarrirla più volte. Un partito che potrebbe perdere pezzi, a partire dai teocon che non hanno fatto mistero di non voler stare in una formazione "socialdemocratica". Potrebbero fare le valigie la Binetti, Fioroni, lo stesso Rutelli. Uscite eventuali che, però, non sembrano levare il sonno al neosegretario.

A Bersani, che può contare sul sostegno di un Massimo D'Alema che continua a pesare moltissimo negli equlibri interni del partito, toccherà trovare la strada per creare un'alternativa credibile a Berlusconi. Facendo un'opposizione che, come ricorda D'Alema, "non si limiti all'antiberlusconismo". Creando un partito "dell'alternativa più che dell'opposizione"

La prima sfida, per Bersani, saranno le Regionali di marzo. Banco di prova per testare quando, quella "ditta" (così il neosegretario definisce bonariamente il partito), avrà messo radici in una società che il riformismo emiliano di Bersani si prefigge di cambiare.

Fonte: La Repubblica

domenica 25 ottobre 2009

Le foto dell'iniziativa 'Sole per tutti'

Come promesso, vi posto alcune foto dell'iniziativa di Legambiente 'Sole per tutti', a cui ho preso parte anche io.




Sole per tutti

Oggi parteciperò, con la sezione di Legambiente Pietramelara (il mio piccolo paese), all'iniziativa 'Sole per tutti'. Si tratta di una petizione da firmare promossa da Legambiente, per ridurre le emissioni climalteranti e contrastare la crisi economica, in attesa del vertice mondiale di Copenaghen previsto a dicembre.

Questo il testo della petizione:

A Copenaghen, a dicembre, il mondo deve decidere come fermare i cambiamenti climatici. Serve infatti una riduzione del 40% delle emissioni di CO2 nei Paesi industrializzati per salvare milioni persone dalle catastrofi causate dai cambiamenti climatici che produrranno anche l’aumento di povertà e conseguente emigrazione. Noi vogliamo fare la nostra parte con un impianto solare sul tetto di ogni italiano. Siamo o non siamo il Paese del Sole?

Chiediamo allo Stato Italiano, anche per rilanciare l’economia in crisi, di adoperarsi con noi per:

• un metro quadrato a testa di solare termico
Oggi in Austria vi sono 40 volte più pannelli per abitante dell’Italia; noi vogliamo arrivare a un metro quadrato a testa di collettori per scaldare l’acqua per gli usi domestici. Si può fare se il Governo assicura anche in futuro la detrazione dalle tasse del 55% delle spese per la loro installazione.
Produrre e installare 1 pannello solare di 1 mq a testa creerebbe 400 mila posti di lavoro. L’energia risparmiata, 42 Twh termici, sarebbe pari a quella necessaria ad alimentare 4 grandi centrali.


• 10.000 MW di pannelli fotovoltaici
Per installarli si impegnerebbe solamente il 7% dei tetti delle costruzioni esistenti, fornendo direttamente elettricità pulita agli abitanti. Il Governo deve lasciare gli incentivi in “conto energia” per tutti coloro che vogliono installare pannelli solari sugli edifici.
Si creerebbero così 100 mila posti di lavoro. La produzione sarebbe pari al 5% dell’elettricità oggi consumata in Italia, anche di più se si incentivasse il risparmio energetico e si diffondesse l’uso di apparecchi ad alta efficienza. I pannelli sono sempre meno costosi e in pochi anni non avrebbero più bisogno di incentivi statali.


• un milione di case efficienti all’anno
È possibile offrire a tutti la possibilità di vivere in case moderne e confortevoli, con consumi energetici e bollette dimezzate. È urgente un diffuso programma di riqualificazione energetica degli edifici e semplificare le procedure, confermando la detrazione delle tasse del 55% delle spese sostenute.
Nelle case efficienti, come quelle di classe A o B, si ha mediamente un risparmio di 1000 euro l’anno a famiglia. Gli incentivi del 55% hanno mosso in 2 anni investimenti pari a 3,5miliardi di Euro e permesso di risparmiare 2,7 Twh all’anno.


• non complicarci la vita
Ai Comuni, alle Regioni e al Governo Nazionale chiediamo di aiutare tutti coloro che vogliono installare un pannello solare o realizzare un intervento di risparmio energetico, attraverso la semplificazione di tutte le procedure burocratiche verso Copenaghen.

Oggi raccoglierò, insieme ad alcuni amici della sezione Legambiente Pietramelara, queste firme.
Per gli amici di Pietramelara e della mia zona l'appuntamento è in Piazza San Rocco dalle ore 10 alle ore 12.30.
Se riesco, farò delle foto al nostro lavoro.
Buona domenica a tutti.

sabato 24 ottobre 2009

Caso Marrazzo. Per il Pm un'intenzionale messa in scena


Il Pm non ha dubbi, il filmato oggetto dell'estorsione è riconducibile a un'intenzionale "messa in scena". Così si legge nel decreto con il quale il Pm di Roma ha disposto il fermo dei 4 carabinieri. Secondo le notizie riportate dall'agenzia Ansa il video ripreso all'interno dell'abitazione di un transessuale, condurrebbe gli inquirenti a un piano premeditato con riprese che volutamente inquadrano il tesserino della Regione intestato a Piero Marrazzo vicino a della polvere bianca.

In pratica da quanto si apprende, i carabinieri Luciano Simeone (30 anni), Carlo Tagliente (29), Antonio Tamburrino (28), Nicola Testini (37) avrebbero girato le immagini con "modalità abusive" con lo scopo di ricattare il presidente della Regione Lazio.

Intanto spunta un altro episodio che i magistrati ritengono affatto che casuale. La mattina del 21 ottobre, infatti, le auto della moglie e della figlia del governatore sarebbero state oggetto di atti di valdalismo. I magistrati ritengono questo elemento indicativo, "di una rara spregiudicatezza a cui si aggiunge lo scopo di lucro perseguito: circostanze che fondano e grave e concreto pericolo che siano realizzati reati ulteriori, agevolati dalla speciale funzione di autorità rivestita".

Il fotografo Massimiliano Scarfone, conosciuto come Max e coinvolto nella vicenda del portavoce di Romano Prodi, Sircana immortalato mentre parlava con un trans per la strada, ha confermato agli inquirenti di essere stato contattato da uno dei carabinieri arrestati, Antonio Tamburrino "su richiesta dei tre colleghi perchè lo aiutasse a individuare soggetti interessati ad acquistare il filmato". Scarfone, secondo quanto da lui riferito agli investigatori, avrebbe consegnato una copia del filmato a rappresentanti di alcune testate e gruppi editoriali.

Tuttavia le notizie che si sono susseguite a ritmo incalzante per tutta la giornata lasciano intravedere uno scenario alquanto inquietante e contradditorio, nel quale non è ancora possibile far chiarezza sulla misteriosa vicenda.

Marrazzo sotto ricatto. In manette quattro carabinieri



ROMA - Con l'accusa di estorsione nei confronti del presidente della Regione Lazio sono finiti in manette 4 militari dell'Arma dei carabinieri. I 4 militari avrebbero estorto denaro a Marrazzo in cambio del loro silenzio su un video hard nel quale il presidente sarebbe stato ripreso in atteggiamenti intimi in un appartamento della capitale lo scorso luglio.

"Tutto falso" ha risposto il governatore del Lazio, "Se un video esiste è falso, non ho mai pagato alcuna somma di denaro". "E' stato sventato un tentativo di estorsione basato su una bufala - ha commentato la vicenda il presidente regionale -. Sono amareggiato e sconcertato per come, a pochi mesi dalle elezioni, si tenti di infangare l’uomo Marrazzo per colpire il presidente Marrazzo".
Nonostante, il tentativo di estorsione non sia riuscito e i 4 carabinieri, tutti sottufficiali, siano stati arrestati dai loro colleghi dei Ros che stavano seguendo la pista di alcune intercettazioni di un'altra indagine, rimangono ancora molti punti oscuri sulla vicenda.

Punti oscuri
Da quanto trapela dagli ambienti giudiziari di Piazzale Clodio emergono, infatti, altri elementi.
Marrazzo non solo sarebbe stato solo ricattato, ma anche rapinato dai carabinieri che gli avrebbero sottratto i soldi che aveva nel portafoglio. Inoltre vi sarebbero 4 assegni staccati dal carnet di Marrazzo e mai incassati dal beneficiario, onde evitare ulteriori prove d'accusa. E c'è qualcos'altro. Anche un quantitativo di cocaina sarebbe stato rinvenuto sempre nello stesso appartamento, ma ancora non si conosce a chi appartenesse.

Secondo il quotidiano Libero il governatore del Lazio sarebbe stato ripreso in compagnia di un transessuale. Ma resta il dubbio se il video sia stato girato dai carabinieri durante il blitz, oppure come dichiarato dagli stessi militari da un altro transessuale e poi ceduto ai rappresentanti dell'Arma. Di sicuro il video risale proprio ad una mattina dei primi di luglio.

"I carabinieri arrestati sono quattro mele marce che abbiamo immediatamente scoperto e isolato dalla istituzione alla quale non sono degni di appartenere". Questa la reazione del comandante provinciale dei Carabinieri di Roma, gen.Vittorio Tomasone, il quale ha sottolineato che "nel corso di alcuni accertamenti sono emersi elementi di responsabilità sull'attività illecita dei quattro militari. Per questo motivo, nel riferire immediatamente alla magistratura quanto stava avvenendo, i quattro sono stati sospesi dal servizio dell'Arma dei Carabinieri".

Secondo Libero, Marrazzo era con un transessuale
La notizia ha scatenato una serie di congetture che restano ancora senza nessuna conferma. Secondo il quotidiano Libero Piero Marrazzo sarebbe stato ricattato per mesi dai 4 carabinieri, i quali entrarono in possesso di un video hard dove il presidente della regione sarenbbe stato ripreso durante un rapporto mercenario, addirittura in compagnia di un transessuale. Un filmato tutto da provare, ovviamente, scrive il cronista su Libero, girato presumibilmente con un telefonino, caduto nelle mani dei carabinieri in seguito ad una perquisizione a casa di un pregiudicato trovato morto.

Marrazzo ha precisato davanti ai cronisti che "Non è la prima volta che si scatena contro di me un attacco che mi colpisce personalmente e politicamente." "Quanto è successo -ha continuato Marrazzo- è un atto di gravità inaudita, una barbarie intollerabile". Il presidente del Lazio ha poi concluso ricordando che sulla vicenda da questo momento si esprimeranno solo i suoi legali.

Nel frattempo solidarietà per l'accaduto è stata espressa da molti espoinenti politici sia della maggioranza che dell'opposizione direttamente al governatore Marrazzo.

Domani l'interrogatorio
Domani è atteso l'interrogatorio dei 4 arrestati nel carcere di Regina Coeli, durante il quale gli imputati dovranno rispondere di rapina, violazione della privacy, violazione di domicilio ed estorsione al carcere di Regina Coeli, e forse si potrà far luce sui punti poco chiari di questa vicenda.

Fonte: Dazebao

Dov'è finita la social card?


Doveva essere la misura di sostegno alle fasce più bisognose della popolazione. Una tessera da 40 euro al mese, ricaricata dallo Stato, per sostenere i consumi di pensionati e coppie con bambini al di sotto dei tre anni. Ma dopo quasi dodici mesi dal suo lancio, che fine ha fatto la social card? I dati che permettano di ricostruirne l'evoluzione sono confusi, approssimativi e non sempre aggiornatissimi. Il ministero dell'Economia dispone di documentazione datata giugno e, alla richiesta di ulteriori chiarimenti, ci ha indirizzato all'Inps. Alla previdenza va anche peggio: i dati sono fermi ad aprile. E ci viene consigliato di rivolgerci a Poste italiane, dove registriamo un lieve miglioramento: disponibili statistiche aggiornate a maggio. La palla, a questo punto, è passata al ministero del Welfare che ha nel cassetto dati di giugno e ci ha rispedito all'Inps per eventuali approfondimenti, come in un paradossale gioco dell'oca dove ogni casella fa passare a quella successiva. Nonostante questo dedalo burocratico, L'espresso ha provato comunque a tracciare un andamento sulla diffusione della carta.

Stando ai dati del ministero dell'Economia, al 30 giugno sono state respinte 198 mila richieste. Alcune delle quali piuttosto sorprendenti. A Caltanissetta, ad esempio, un anziano, nonostante 5 mila euro di pensione, ha inoltrato la richiesta per il contributo di 40 euro al mese. Pensionati-nababbi con 66 mila euro di reddito annuo che, per uno strano caso di empatia, provano a incassare gli spiccioli destinati a quelli che di euro ne prendono, ogni mese, meno di 500. Fenomenologia della povertà percepita. Dove i soldi non bastano mai, anche se ci sono. Di casi simili l'Inps ne ha registrati un migliaio anche se la maggior parte delle domande respinte proviene dagli strati meno abbienti della popolazione, esclusi perchè fuori dai rigidi parametri d'accesso. Insomma, non bastava una generica povertà. Era necessaria una disperata condizione di bisogno.

I fortunati che sono riusciti a superare la selezione hanno dovuto dimostrare di: avere un indicatore della situazione socio-economia equivalente (Isee) inferiore ai 6 mila euro; avere il reddito personale inferiore a 6 mila euro, o a 8 mila, se si aveva più di 70 anni; non avere intestata più di un'utenza del gas e dell'elettricità; non essere titolare di un deposito di risparmi superiore a 15 mila euro; non essere proprietari di un'auto o di una quota di almeno 25 per cento di un altro appartamento; non detenere una quota di almeno il 10 per cento di un immobile non a uso abitativo, come il garage o la cantina. Secondo i dati Inps, da ottobre a aprile, le ricaricate effettuate sono diminuite. Questo perchè i controlli sui requisiti, nella maggior parte dei casi, sono stati condotti dopo il rilascio delle carte.

La documentazione relativa a molte di queste, infatti, presentava irregolarità e la previdenza, una volta accertati gli errori, le ha sospese. Ma anche gli anziani in regola con le procedure hanno subito ritardi nelle ricariche. Trovandosi così nella situazione imbarazzante, ripetutasi in tanti supermercati, di non poter saldare il conto della spesa perchè la tessera era senza credito. Una mortificazione figlia di disfunzioni organizzative che hanno portato a raggiungere, nel gennaio scorso, la soglia record di una card scarica su tre. Nell'ultimo trimestre del 2008 le carte su cui sono stati versati soldi erano 560.145. Nel periodo gennaio-febbraio, dopo una prima tornata di controlli, l'Inps ne ha sospese 23.143, fermandosi a 537.002 ricariche. Nel secondo bimestre di quest'anno, altri accertamenti e ulteriore scrematura: dal flusso di cassa Inps ne sono state rimosse altre 33.889. Per cui al 30 aprile 2009 la previdenza ha provveduto a rimpinguare 503.113 social card, delle quali 292 mila per anziani e 210 mila a favore di coppie con bambini al di sotto dei tre anni. La fetta più consistente delle tessere, ben 306 mila, è andata al sud. Di queste 215 mila solo in Sicilia e Campania, i più consistenti bacini di povertà e di disagio sociale.

Alla luce di questi dati, perciò, si potrebbe sostenere che le carte attive sfiorano di poco il mezzo milione. Se non fosse per il fatto che le cifre dell'Inps vengono ritoccate al rialzo, e in modo consistente, dai dati in possesso di Poste italiane secondo cui quelle caricate sarebbero 575 mila. Questa cifra è aggiornata al 24 maggio e cioè poco più di tre settimane dopo le rilevazioni Inps. Ma appare difficile che in così poco tempo siano state attivate, caricate e censite 73 mila tessere in più, considerando che la mannaia bimestrale dei controlli della previdenza ha stroncato grappoli di richieste. Per il ministero dell'Economia, i cui dati sono aggiornati al 30 giugno e "approssimati al migliaio", le carte cariche e funzionanti sarebbero 600 mila, rispetto alle 798 mila domande, ricevute al ritmo di duemila a settimana.

Per il dicastero del Welfare guidato da Maurizio Sacconi, le card accolte alla fine di giugno si fermerebbero a quota 593 mila. Facendo rapidamente i conti, secondo i due ministeri, in 60 giorni sarebbe arrivato l'ok a quasi 100 mila richieste, quasi il doppio cioè di quelle sforbiciate dall'Inps da gennaio ad aprile. Una salomonica quanto orientativa media dei quattro dati a disposizione, ci porta al tetto indicativo di 567 mila carte acquisti. In questo ginepraio di informazioni, l'unica certezza è che siamo a meno della metà di quel milione e 300 mila 'bisognosi' che il ministro Tremonti annunciò come potenziale bacino di riferimento.

Quali sono i costi di gestione della social card? Stando ai dati del ministero dell'Economia, al 30 giugno, le spese logistiche ammonterebbero a 1,6 milioni di euro. Nulla in confronto alla spesa-monstre calcolata da Report in un'inchiesta dello scorso aprile. Sommando infatti i costi per la produzione della carta, per spedire le lettere inviate dal Governo, Poste e Inps, per la compilazione dei moduli da parte dei Caf, l'allestimento dei call-center, la comunicazione sul prodotto, la pubblicità e la formazione del personale, la trasmissione della Gabanelli arrivava a fissare l'esborso complessivo a 21 milioni di euro.

Quanto è stato speso, invece, per le ricariche? A novembre, al momento del lancio, il ministro Tremonti sostenne che, una volta a regime, l'iniziativa sarebbe costata 450 milioni di euro. Con un fondo complessivo a disposizione di un miliardo di euro: 170 milioni stanziati con il decreto legge 112/2008, 250 milioni donati da Eni ed Enel, altri 450 milioni provenienti dai fondi dormienti e 200 dal Ddl sviluppo. In realtà la 'carta acquisti' è costata molto meno, dato che il numero degli aventi diritto s'è rivelato di gran lunga inferiore rispetto alle previsioni. Secondo il ministero dell'Economia l'importo complessivo caricato è di 265 milioni di euro. Che sommati ai costi 'operativi' dichiarati porta il conto a poco più di 266 milioni. Le cose vanno anche meglio se si dà un'occhiata al resoconto del ministero del Welfare, secondo cui le risorse già utilizzate ammontano a 190 milioni di euro. E se si confronta questa cifra con la donazione ricevuta da Enel e Eni (250 milioni), è facile osservare come, di fatto, la social card sia stata sostenuta e finanziata grazie ai soldi delle due partecipate. Per lo Stato, insomma, un'operazione quasi a costo zero. Potrebbe partire a breve la fase-2 della 'carta acquisti'.

I ministri dell'Economia Giulio Tremonti e del Lavoro Maurizio Sacconi stanno valutando l'ipotesi di ampliare il bacino dei beneficiari, allargando le maglie dei requisiti. Proprio mentre una ricerca del Banco Alimentare e della Fondazione per la Sussidiarietà rivela che, in Italia, tre milioni di persone sono sotto la soglia di povertà alimentare, cioè vivono con una spesa mensile media in cibi e bevande inferiore a 222,29 euro. Non è ancora stato chiarito come verrà utilizzato e se verrà rimpolpato il fondo di finanziamento dato che, già a ferragosto, quando fu approvata la legge sullo Sviluppo, 30 milioni di euro, provenienti dalle sanzioni dell'Antitrust, sono stati stornati dalle casse per la card e destinati al Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio. E c'è da capire inoltre se Enel e Eni bisseranno la donazione. Unica certezza conquistata finora è la necessità di rilanciare la convenzione con le associazioni di terzo settore per snellire le farraginose procedure di distribuzione. Perché gli anziani ancora oggi protestano: «Ma non era meglio accreditare i soldi direttamente sulla pensione?».

Fonte: L'Espresso

venerdì 23 ottobre 2009

La mia opinione sul gruppo 'Uccidiamo Berlusconi' su Facebook

In questi giorni c'è stato un acceso dibattito per quanto riguarda il famoso gruppo su Facebook, 'Uccidiamo Berlusconi'. I nostri esponenti politici hanno detto la loro. Angelino Alfano ha parlato di una situazione di grave pericolo per Berlusconi. Roberto Maroni ha dichiarato la sua intenzione di chiudere il gruppo.
Ora voglio dire anche io la mia. Innanzitutto c'è da dire che il gruppo rispetta le regole previste per l'utilizzo di Facebook. Cose che non vi sto dicendo io, ma che sono state dette proprio dai creatori del social network, in California. A me personalmente, poi, pare che solamente il nome del gruppo poteva far discutere. E infatti è stato cambiato in 'Berlusconi, adesso che abbiamo la tua attenzione... rispondi alle nostre domande'. Un titolo sicuramente meno pesante del precedente.

Sapete benissimo che su Facebook esistono tantissimi gruppi simili che inneggiano alla violenza e addirittura ad uccidere qualcuno. Ci sono gruppi che vogliono uccidere Di Pietro, Franceschini, Santoro, Travaglio, i comunisti e chi più ne ha più ne metta.

Mi sorge spontanea una banalissima domanda. Come mai tante polemiche per questo gruppo mentre per gli altri, che sono stati creati sul social network da molto più tempo, nessuno ha mai detto niente? Se c'è il pericolo per Berlusconi perchè gli altri non devono essere in pericolo? Se poi, come ha detto Maroni, bisogna chiudere il gruppo, perchè non lo si fa anche con gli altri?
Domande che molti sicuramente non si sono poste.

Cosentino, l'uomo dei clan, al comando per il Pdl in Campania


Riecco Nicola Cosentino, il potente sottosegretario all'Economia, nato a Casal di Principe, sotto indagine per i suoi rapporti con i clan, che ha strappato a forza la sua candidatura per il Pdl in Campania quasi per assenza di rivali. Neanche avessero paura di parlare quelli che - e non sono pochi - non stanno con lui.

È lo stesso metodo con cui impose la sua, di candidatura, Luigi Cesaro, attualmente presidente della Provincia di Napoli e alleato di ferro di Cosentino: dandola cioè per chiusa, prima dei tavoli ufficiali. Come è emerso alla riunione dei parlamentari campani del Pdl, svoltasi sabato a palazzo Grazioli alla presenza dei triumviri. Una quindicina, vicini a Cosentino, lo hanno indicato come l'uomo giusto.

Gli altri hanno taciuto. Compresi i possibili antagonisti, che dei gladiatori proprio non sono: l'ex ministro Stefano Caldoro e Mara Carfagna. E quando qualcuno ha fatto il nome del leader degli industriali napoletano Gianni Lettieri, i supporter di Cosentino hanno salutato la nomination con un elegante «booh», con tanto di coretto. Poi i suoi colonnelli si sono affrettati a dichiarare alle agenzie l'accordo cosa fatta, dopo che Berlusconi ha toccato con mano l'assenza di alternative.

Tanto che Ignazio La Russa ha provato a frenare, in attesa del vertice con Fini: «Non è detto ancora nulla. Decideremo regione per regione». Niente da fare: Cosentino, di fatto, ha iniziato la sua campagna elettorale. Dalla sua ha avuto come grandi sponsor il triumviro Denis Verdini e il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, che ha un filo diretto, in Campania, con Cesaro. Gli altri ci hanno provato a dire che c'è un limite a tutto. E che, certe volte, conta pure la faccia. Niente da fare. I clan hanno sempre ragione.

Fonte: Nuovasocietà.it

Pannelli solari e superbatterie, scoperte che cambiano il mondo

Pannelli solari in orbita. Biocarburanti estratti dalle alghe marine. Batterie per auto elettriche con autonomia di 600 km, e capaci di immagazzinare a lungo anche l'energia del vento. CO2 trasformato in metallo per essere catturato e sepolto nelle centrali a carbone. Sono "le cinque tecnologie che cambieranno tutto". Secondo un'inchiesta del Wall Street Journal queste innovazioni segneranno il nostro futuro. Salveranno il pianeta dal cambiamento climatico; ridurranno l'inquinamento; saranno il motore di un ciclo di sviluppo economico sostenibile, generando milioni di posti di lavoro nelle attività "verdi".

Ci sono delle condizioni, però. Nessuna di queste tecnologie oggi è disponibile a prezzi competitivi con le vecchie forme di consumo energetico. Perché vincano la corsa contro il tempo dovranno ricevere sostegno dai governi e dal settore privato. Ma non è una scommessa impossibile. In molti paesi la ricerca scientifica e la sperimentazione sono ormai a un passo dal traguardo.

"La fine della nostra dipendenza dai carburanti fossili - annuncia il rapporto speciale del Wall Street Journal - può essere ormai questione di qualche decennio. Queste cinque tecnologie, se hanno successo, cambieranno lo scenario energetico mondiale". La prima di queste soluzioni realizzerà un sogno che gli scienziati accarezzano già da trent'anni: sfruttare l'energia solare laddove essa è molto più abbondante, perché non è "schermata" dall'atmosfera terrestre.

La soluzione? Mettere in orbita geostazionaria - a circa 30.000 km di altitudine - dei satelliti trasformati in centrali solari. I loro pannelli fotovoltaici trasformeranno la luce in elettricità. Poi li trasmetteranno sulla terra sotto forma di onde di energia, non molto dissimili dal principio usato nei forni a micro-onde, senza pericoli per la sicurezza e la salute. Il costo maggiore è la messa in orbita di queste centrali solari, ma si sta riducendo rapidamente. In una mezza dozzina di paesi - conclude l'inchiesta - governi e imprese private sono alleati in questa nuova corsa alla conquista dello spazio, e le prime centrali in orbita saranno operative entro un decennio.

Al secondo posto viene il problema del trasporto privato, che insieme con le centrali elettriche è una delle principali fonti di CO2 del pianeta. L'auto elettrica fa progressi veloci, ma continua a scontrarsi con l'alto costo e la scarsa autonomia delle batterie. La soluzione: una nuova generazione di batterie dette "al litio-aria" con un'efficienza dieci volte superiore a quelle attuali.

Sempre per le automobili, occorre trovare un'alternativa ai biocarburanti attuali: questi rubano terre coltivabili ai raccolti per usi alimentari, creano inflazione nelle derrate agricole, spesso inquinano quanto il petrolio. La risposta è nelle alghe: la loro produttività per i biocarburanti è 15 volte superiore alle benzine verdi estratte dai cereali. Gli Stati Uniti possono produrre abbastanza alghe marine da soddisfare solo con queste tutto il fabbisogno di carburanti per auto.

Per le energie rinnovabili come eolico e solare il limite finora è l'impossibilità di conservare la corrente prodotta: quella che non si consuma subito viene perduta. Ma anche qui il balzo tecnologico è imminente: grazie a batterie al litio che potranno immagazzinare l'energia dai pannelli fotovoltaici e dal vento. Orizzonte 2020 per il "carbone pulito": qui la soluzione è già stata sperimentata in impianti di piccole dimensioni, che catturano e sotterrano CO2.

giovedì 22 ottobre 2009

Inchiesta sull’UDEUR di Mastella, demolito il partito: 65 indagati e 25 misure cautelari


Se lo aspettavano di certo i coniugi Mastella, ma stavolta la mazzata da parte della magistratura è stata forte. Gli avvisi di garanzia sono ben 65 e 25 le persone sottoposte a misure cautelari. L’accusa è chiara: funzioni pubbliche per fini privati. E l’ombra inquietante di collisioni con la camorra.

E’ triste Sandra Lonardo, consorte di quel vecchio marpione di Clemente Mastella, ora europarlamentare. Lo dichiara lei stessa in una lettera commovente inviata a numerose testate giornalistiche. Di buon’ora infatti, come nelle migliori fiction poliziesche, si sono presentati cinque carabinieri in borghese al cancello della villa di Ceppaloni a Benevento, i quali le hanno consegnato il divieto di dimora in Campania e in altre sei province (Frosinone, Latina, Isernia, Foggia, Campobasso e Potenza). Risulta coinvolta nell’ultimo scandalo che ha colpito il partito a guida familiare dell’UDEUR: sono 63 le persone che hanno ricevuto avvisi di garanzia, di cui 25 sottoposte a misure cautelari in quanto, come dichiarano gli investigatori nel comunicato stampa redatto dalla Procura di Napoli: "i soggetti, nonostante il procedimento in corso, continuavano ad operare con i soli metodi illeciti". Quali sono questi metodi è presto detto.

Cominciamo col dire che risultano indagati l’ex direttore dell’ARPAC Luciano Capobianco, il coordinatore campano al commissariato per l’emergenza terremoto Arturo Fantini, oltre a funzionari, dirigenti dell’ARPAC e imprenditori. Coinvolti il consuocero di Mastella, Carlo Camilleri, e il consigliere regioanle dell’UDEUR Campania, Nicola Ferraro. Clemente Mastella, invece, ha ricevuto un avviso di conclusione delle indagini preliminari che gli verrà notificato quando ritornerà da Strasburgo in Italia.

Il periodo è quello compreso tra il 2005 e il 2008, ovvero l’epoca dell’ultimo governo Prodi, quando al ministero di Grazia e Giustizia siede un esuberante Mastella e sua moglie Sandra Lonardo viene nominata Presidente del Consiglio Regionale della Campania. L’inchiesta è portata avanti dalla Procura di Napoli e dalla Direzione distrettuale antimafia. Le accuse contestate sono: associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni della Regione Campania, del Comune di Napoli e dell’ARPAC (l’ente regionale a tutela dell’ambiente); abuso d’ufficio, turbativa d’asta, finanziamento illecito al partito e concussione.
Gli inquirenti avrebbero posto fine ad un sodalizio criminoso che gestiva le nomine, gli appalti, le sostituzioni dei vertici amministrativi locali e le assunzioni che venivano svolti avvantaggiando amici e compagni di partito.

Il primo filone investigativo si è sviluppato intorno alla gestione dell’ARPAC, controllata illecitamente dai vertici della struttura di partito a cui apparteneva il Direttore Generale di suddetto ente. All’interno del personal computer della segretaria del DG è stato trovato un file contenente i nominativi di 665 soggetti beneficiari di consulenze, incarichi e assunzioni. Al fianco di tali nominativi vi era anche il nome dell’esponente politico che li promuoveva. Alcuni di questi sono: Luigi Nocera (100), ex assessore regionale Udeur; (43) Tommaso Barbato; (36) Fantini; (35) Giuditta; (26) C.Mastella; (17) Enrico; (12) S.Mastella; (2) Antonio Bassolino; (2) Ciriaco De Mita; (1) Pecoraro Scanio, (1) Sales.

Al di là della (ahinoi) semplice raccomandazione, è appurato che i promotori violavano leggi e regolamenti per far sì che i loro segnalati venissero inseriti nei quadri amministrativi di svariati enti regionali.

Nei confronti di uno degli indagati inoltre è stato contestato il pagamento di una parcella da 1 milione e 300 mila euro da parte dell’Asl di Benevento per una consulenza definita dalla Procura "non chiara", anche perchè agli atti non è presente la documentazione ma solo il pagamento delle parcelle.

Non solo politici e funzionari pubblici, ma anche diversi imprenditori sono stati indagati. Uno di questi aveva ricevuto l’appalto per la pre-selezione del personale pur essendo inserito all’interno dei vertici provinciali del partito. Altri erano congiunti dell’imprenditore che aveva costruito l’abitazione privata dei vertici del sodalizio, e per questi si era avviata una rapida e fortunata carriera imprenditoriale che riguardava anche i rapporti con l’ARPAC tramite l’affidamento illecito di svariati appalti. Altri ancora avevano perfino acquistato da uno dei dirigenti del partito una quota di una villa in Sardegna sottoposta a sequestro dalla Corte dei Conti.

Gli investigatori segnalano inoltre un tentativo di truffa ai danni del Comune di Napoli in una pretestuosa gara pubblica riguardo l’acquisto della nuova sede napoletana dell’ARPAC, che ammontava a 20 milioni di euro. Gli indagati avevano consegnato una falsa documentazione al Comune di Napoli sul terreno della nuova sede, da bonificare peraltro, e di cui erano proprietari una serie di imprenditori amici del sodalizio, al fine di non pagare gli oneri derivanti dalla costruzione. Fortunatamente nuove verifiche da parte di alcuni funzionari della Regione Campania sono riusciti a sventare la conclusione dell’affare.

Risultano inoltre pilotati diversi appalti alla sede dell’ARPAC di Benevento e la gara per l’installazione di sistemi automatici di rilevamento delle infrazioni stradali. In quest’ultimo caso si agiva così: i vertici dell’organizzazione sponsorizzavano la nomina del nuovo comandante della Polizia Municipale di Benevento, il quale autorizzava l’installamento di questi meccanismi. Successivamente si affidava l’appalto ad una ditta casertana i cui intestatari appartenevano al medesimo sodalizio criminoso. Tuttavia la Giunta comunale non autorizzò l’operato del Comandante.

Coloro che non accettavano le imposizioni del sodalizio, venivano sottoposti ad una serie di intimidazioni e boicottaggi. E’ il caso di Pubblici Ufficiali e del Direttore Generale dell’Ospedale Civile Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Quest’ultimo in particolare venne pressato da consiglieri e assessori di partito che, con una interrogazione del Consiglio Regionale, contestavano il suo operato. In altri casi si procedeva a compiere una serie di intimidazioni trasversali, come nel caso di un ex sindaco di Morcone o di funzionari dell’Asl di Benevento, al fine di costringere le vittime ad abbandonare i propri incarichi, come avvenuto in più di un caso.

Ultimo filone investigativo da approfondire sono i presunti contatti fra l’UDEUR e la camorra casertana. Risulta infatti uno scambio di consenso elettorale e favori nel comune di Marcianise (nel 2005 si registrarono nell’area 12.000 preferenze). Sembra poi che un familiare di un esponente del vertice del partito abbia ottenuto come "regalo" una fiammante Porsche Cayenne dal titolare di un autosalone locale attualmente detenuto in carcere per 416 bis (associazione mafiosa). Infatti non risulta agli atti il pagamento della vettura.

Oh bè, se questi erano i valori cristiani propugnati dai coniugi Mastella, tanto di cappello!

Fonte: Agoravox Italia